No agli sprechi alimentari

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Il 16 Ottobre si è celebrata la Giornata Mondiale dell’Alimentazione, istituita dalla FAO nel 1979, che quest’anno ha avuto come priorità assoluta la riduzione dello spreco alimentare. In quest’epoca di globale crisi economica e ambientale lo spreco alimentare assume più che mai rilievo. Secondo l’ultimo rapporto Fao, ogni anno più di un miliardo di tonnellate di cibo finisce nella spazzatura con uno spreco di 750 miliardi di dollari e un impatto negativo su clima, risorse idriche, utilizzo del territorio e biodiversità. Ogni anno il cibo prodotto e non consumato sperpera un volume di acqua pari al flusso annuo di un grande fiume, utilizza quasi il 30% della superficie agricola mondiale ed è responsabile della produzione di più di 3 miliardi di tonnellate di gas serra.
E’ un paradosso intollerabile che un terzo del cibo prodotto nel mondo venga buttato via, mentre 870 milioni di persone soffrono la fame e la mortalità infantile – in base al rapporto Unicef sulle cause di decesso dei bambini entro i 5 anni – ha la malnutrizione come principale responsabile. L’altra faccia della malnutrizione è il dilagare dell’obesità, con 1,4 miliardi di persone sovrappeso al mondo, di cui un terzo è obeso.
La lotta agli sprechi e l’educazione ad una sana nutrizione sono due temi strettamente connessi. Secondo la Fao, il 54% dello spreco alimentare si verificano nelle fasi di produzione, raccolto e stoccaggio; il restante 46% è addebitabile ai consumi. Lo spreco maggiore riguarda i cereali, mentre lo spreco del consumo di carne è basso, ma è quello che genera l’impatto ambientale più grave in termini di occupazione del suolo, consumo di acqua ed emissioni di carbonio. Questi dati dovrebbero ispirare un cambiamento dello stile di vita a partire dal contenimento degli sprechi, dal riutilizzo degli avanzi di cibo e dal consumo sano e consapevole delle materie prime. Per quanto riguarda la situazione italiana, secondo i dati dell’ADOC (Associazione Difesa Consumatori) nella spazzatura finiscono quotidianamente 4 mila tonnellate di alimenti: in media, ogni italiano butta 27 kg di cibo buono all’anno, uno spreco quantificabile nella somma di circa 585 euro a famiglia. Lo spreco più importante riguarda i prodotti con scadenze brevi, in particolare latte, uova, formaggi e yogurt (39%); seguono pane e pasta (15%), carne (18%), frutta e verdura (12%). Tuttavia questi dati non tengono conto dello spreco delle grandi mense aziendali, ospedaliere e scolastiche, dei grandi alberghi o dei villaggi turistici. L’Andid (Associazione Nazionale Dietisti) è partita da questi dati per lanciare un appello alla riduzione degli sprechi, suggerendo alcune regole utili per salvare cibo e denaro e al tempo stesso per seguire una dieta sana. L’alimentazione, anzitutto, deve essere varia e bilanciata. E’ bene poi non farsi prendere da slanci consumistici al momento della spesa, ma limitarsi all’acquisto di ciò che serve davvero. Sono da preferire cibi di origine vegetale, di stagione e prodotti localmente, cibi freschi e minimamente processati, a filiera corta o direttamente dal produttore.
L’acqua del rubinetto è meglio di quella confezionata. E per ridurre l’impatto ambientale si scelgano prodotti con minori quantità di imballaggio, o con imballaggio in materiale riciclato munito di eco-etichettatura, e certificati a basso impatto ambientale. Non lasciarsi ingannare dalle campagne di marketing che invitano ad acquistare sottocosto cibi in quantità superiore a quelle che poi verranno effettivamente consumate. Meglio poi fare la spesa seguendo minuziosamente la lista degli acquisti preparata a casa. E’ buona norma riprendere le ricette della nonna per recuperare gli avanzi della tavola e farne nuovi gustosi piatti. Fare sempre attenzione alla preparazione, conservazione dei cibi e al loro adeguato smaltimento.

 

di Carlo Alfaro

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