Trappole mentali dei risparmiatori

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Il popolo italiano si è contraddistinto sempre per essere un ottimo risparmiatore, anche e, soprattutto, nei momenti difficili fa parte delle nostro “DNA” non spendere tutto ciò che si guadagna ma conservarne una parte per le incertezze o per gli obbiettivi futuri.
Al contrario, invece, non siamo mai stati altrettanto bravi a far “fruttare” quanto risparmiato, non é raro, infatti, vedere risparmi erosi dall’inflazione o addirittura ridotti da qualche scelta di investimento sbagliata. Spesso alla domanda che il consulente finanziario pone ai propri clienti sul come si intenda investire i risparmi accumulati, le risposte mostrano più la preoccupazione di non perderli, piuttosto che la volontà di farli crescere.
Certo oggi rispetto agli Ottanta é più complicato, una volta bastava sottoscrivere BOT ed altri Titoli di Stato similari per ricevere anche tassi di interesse a doppia cifra! Bello penserà qualche lettore… peccato che all’epoca della quale sto parlando convivevamo con un’inflazione altissima per cui anche se “nominalmente” i nostri genitori vedevano crescere – ed anche bene! – i loro risparmi in realtà, in termini di potere di acquisto il rendimento che ottenevano dal loro investimento non era poi così alto. Oggi la situazione, dicevamo, è sicuramente peggiore, infatti seppur viviamo in un mondo a bassa inflazione (in pratica i nostri risparmi vengono poco erosi) i rendimenti dei titoli di Stato Italiani, ma vale lo stesso per quelli tedeschi (i famosi “Bund”) o quelli americani, sono così bassi che investire in tali strumenti da la certezza di perdere potere di acquisto: in pratica la rivalutazione monetaria dei risparmi é più bassa della svalutazione che ne subiscono.
Gli italiani non si sono mai contraddistinti rispetto ai popoli di origine anglosassone per essere investitori evoluti, hanno loro malgrado subito l’evoluzione dell’investimento a tasso fisso e per credenze o per esperienze negative sono avversi a qualsiasi altro tipo di investimento a ritorno non certo, vedi il classico investimento nel mercato azionario. Oggi, purtroppo è necessario prendere in considerazione di inserire nel proprio portafoglio di investimento una più o meno piccola parte di azioni o titoli similari (Fondi, ETF o altro) prestando però attenzione a valutare bene il peso di questa componente in base alla propria tolleranza al rischio e soprattutto cercando di evitare i classici errori che per inesperienza o anche per emotività si compiono quando i mercati attraversano una fase negativa (cosa normalissima) anche se questa é più forte o più lunga di altre avute in passato.
In base ad un test di “psico-economia” compiuto da Schoeders (azienda specializzata in investimenti finanziari) effettuato sugli italiani sono principalmente 3 le “trappole mentali” che condizionano i risparmiatori nelle loro decisioni.
“Effetto morso del serpente”, condiziona circa la metà degli investitori, consiste in uno stato psicologico influenzato da un’esperienza pregressa di perdita finanziaria.
Si manifesta in situazioni negative dei mercati attraverso decisioni di vendita non opportune dovute alla “fisiologica” nonché temporanea diminuzione del prezzo dei titoli posseduti in portafoglio.
“Effetto disposizione” é la tendenza che hanno gli investitori a vendere troppo presto gli investimenti in guadagno ed a trattenere, invece, troppo tempo quelli in perdita. Si manifesta in caso di esigenza di liquidità tendendo a vendere i titoli in crescita ed a mantenere in portafoglio quelli in perdita, nella speranza del loro recupero.
“Effetto condizione” é la predisposizione ad investire solo in titoli “familiari” perché percepiti come non rischiosi. Si manifesta con la volontà di preferire titoli legati al Paese di appartenenza (Borsa Italiana) che spesso rappresentano titoli a bassa capitalizzazione, trascurando invece titoli di maggiori dimensioni e quindi a minore volatilità. Tali scelte, inoltre, comportano la violazione di uno dei principi cardine, quello della “diversificazione” del portafoglio.

 

di Mario De Simone

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