Il prezzo del petrolio cala ma non per l’automobilista!

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Il 2015 è stato – per chi il petrolio lo produce – un anno funesto. Colpa dell’eccesso di produzione nel mondo che sta schiacciando le quotazioni del barile. C’è praticamente in circolazione molto più greggio di quanto se ne consumi.
L’offerta sul mercato quindi, è alta rispetto alla domanda, con la conseguenza del calo del prezzo del petrolio.
Crollo dovuto soprattutto all’impetuosa crescita della produzione americana di “shale oil”; alla politica perseguita con ostinazione dall’Opec di mantenere la produzione invariata anzichè tagliarla e sostenere i prezzi per conservare la sua quota di mercato.
L’Opec mira soprattutto a dichiarare guerra all’industria americana dello Shale oil, un’estrazione non convenzionale ma più costosa che richiede un prezzo del barile tra i 45 e i 55 dollari a seconda dei casi.
Il 2015 quindi per i paesi produttori si è concluso con i bilanci in rosso. Negli Stati Uniti le compagnie del settore petrolifero e del gas hanno visto poche volte nella storia recente così tanti fallimenti.
Secondo un recente rapporto della Federal Reserve di Dallas, sono almeno nove quelle che, nel 4° trimestre, hanno fatto richiesta di bancarotta, per un totale di debito di oltre 2 miliardi di dollari. E se le cose andassero avanti di questo passo, altre compagnie dichiareranno fallimento.

Quando gli automobilisti italiani beneficeranno di questo scenario?

Il caso italiano, come sempre, è del tutto particolare rispetto agli altri stati europei! Perché? Il dolore inflitto agli automobilisti italiani, in termini di maggior costo di benzina e gasolio rispetto a quel che pagano gli altri cittadini europei, deriva praticamente per intero dall’ingordigia del nostro fisco. L’atto d’accusa, viene dall’ultima rilevazione sullo “stacco Italia”, ovvero il differenziale di prezzo con l’Europa, elaborata da Assopetroli-Assoenergia. Gli operatori del settore petrolifero respingono così al mittente l’accusa di non saper contenere i prezzi, e al contempo sostengono che i loro margini di guadagno si siano ridotti all’osso, tanto da aver quasi azzerato il sovrappiù fatto pagare ai consumatori.
Fisco record, quindi. Tant’è che al netto delle addizionali regionali il carico fiscale sui carburanti ha toccato lo scorso Aprile il 60,84% del prezzo al consumo.
Dunque ad “Aprile 2015 il consumatore italiano ha pagato in media la benzina 25,9 centesimi di euro al litro e il gasolio 25,1 centesimi in più che nel resto d’Europa”.
La colpa è del fisco, perché la maggiorazione sulla benzina deriva per ben 24,9 centesimi al litro dalle maggiori imposte e solo per un centesimo dal maggior prezzo industriale, che incorpora appunto la diseconomicità della filiera.
Per il gasolio il differenziale viene da maggiori imposte per 24,4 centesimi al litro e solo per 0,7 centesimi al maggior prezzo industriale
Una cosa è certa: gli automobilisti italiani, non sono affatto incentivati all’utilizzo dell’auto sia per l’ecosostenibilità dei costi e soprattutto perchè il prezzo alla pompa del carburante per gli stessi non muta affatto a loro favore. In sintesi l’unico risvolto positivo della minore circolazione dei mezzi sulle strade è una inferiore emissione di CO2 nell’ambiente.

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