La necessità delle leggi

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San Paolo afferma, in consonanza con Platone, che l’umanità, nel suo errare nel mondo, paghi il prezzo di una caduta o colpa originaria e le leggi non siano che la conseguenza di quel peccato. Siamo però nel campo mitologico-religioso dove non vi è alcuna possibilità di dimostrare né razionalmente né scientificamente alcunchè su presunte oscure origini e cadute.
Pertanto, per chi è alieno dal concetto di peccato di origine platonica e giudaico-cristiana, il problema della genesi e della necessità delle leggi, necessita di altre risposte. Nè sembra più attendibile l’ipotesi ruosseauiana di una condizione originaria sostanzialmente positiva dell’uomo, il quale verrebbe corrotto dal consorzio con altri uomini. Chi avrebbe però corrotto questi ultimi non si riesce a capire. Rousseau in realtà fa eco ad Aristotele il quale era convinto che “l’uomo fosse un animale sociale”, spinto all’amicizia e alla collaborazione per sua intrinseca natura.
Anche l’inglese J. Locke, uno dei padri del liberalismo, afferma che gli uomini, nella loro condizione naturale precedente il formarsi della civiltà, abbiano scritte, nei loro codici comportamentali elementari, delle leggi “positive” che, in seguito, verrebbero codificate nei patti e nelle costituzioni tra gli uomini.
Ci si trova, pertanto, di fronte a due posizioni ideologiche opposte e inconciliabili, tra chi ritiene l’umanità una “massa di dannati” (Platone, San Paolo, Lutero), e chi, al contrario, immagina, ovvero si finge, un’umanità originaria “buona”, quasi da “paradiso terrestre” (termini patentemente inconciliabili).
La realtà appare ben distante dall’una e dall’altra ipotesi. Basta la mattina spingersi oltre le mura domestiche (talvolta anche rimanendone all’interno) per comprendere, attraverso un’attenta osservazione di natura quasi sociologica, che cosa sia l’uomo e perché abbia bisogno delle leggi.
Ci si rende immediatamente conto che il mondo, nel suo stato per così dire “grezzo e bruto” o “naturale”, appare come un immenso campo di battaglia, di sopraffazioni, di violenze e di crimini. Ciò non significa che manchino comportamenti di segno contrario.
Se ne potrebbero contare a milioni.
Questi ultimi, tuttavia, non nascerebbero, secondo alcuni autori, da una esigenza spontanea ma da uno stato di necessità, che nelle persone “curate” sarebbero da considerare come una seconda natura.
Talvolta, o spesso, è sufficiente mettersi in strada, in macchina, entrare negli uffici, nei negozi, nei supermarcati. I contatti sono fatti di gestacci, cattive parole, sgarbi, litigi. O maschere. Freud sosteneva che “l’odio è più antico dell’amore”. Ma, prima di lui, T. Hobbes, aveva sostenuto in maniera convincente che l’uomo allo stato di natura (cioè senza la forza coercitiva delle leggi) è “homo homini lupus”, e lo stato di natura (senza le leggi) è “bellum omnium contra omnes”, ovvero una condizione di guerra generalizzata in cui non si salverebbe nessuno.
Proprio davanti a questa prospettiva drammatica nelle comunità umane nascerebbe la necessità di porre dei forti limiti alla distruzione e alla morte. Con le leggi e i patti o contratti, che nelle società moderne vengono chiamate Costituzioni. Si immagini adesso cosa sarebbe, nell’età dei motorini, dei camion e delle automobili, la strada senza il codice stradale. Si assisterebbe ogni giorno a un’ecatombe. Per non parlare della mancanza di leggi in contesti più ampi, interni e internazionali.

 

di Domenico Casa

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