Ancora un passo avanti

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Dal dì che nozze, tribunali ed are
diero alle umane belve esser pietose
di se stesse e d’altrui, toglieano i vivi
all’etere maligno ed alle fere
i miserandi avanzi che Natura
con veci eterne a sensi altri destina.

Questi versi (91-96) tratti dai “Sepolcri” di Ugo Foscolo, sono una traduzione di un bel passo della “Scienza Nuova” di Giambattista Vico, e ricordano cosa sia stato l’uomo allo stato ferino, quando abbandonava impietosamente i cadaveri ai furori del tempo. Cosa che oggi si fa ancora con gli animali. Tuttavia, da un altro punto di vista, indica come il processo evolutivo dell’homo sapiens, riguarda non solo i tratti fisici, ma anche le relazioni umane e i sentimenti.

[alert_box style=”message” close=”no”]Pertanto, quando gli uomini avvertirono gradualmente la necessità di organizzarsi e darsi delle istituzioni (matrimonio, giustizia, religione), iniziarono anche a nutrire nuove sensibilità, quali l’amore e la pietà, non solo verso i vivi ma pure verso i defunti.[/alert_box]
“Testimonianza a’ fasti eran le tombe – ed are a’ figli”, continua il poeta, quasi a sottolineare il grande salto da una tradizione a un’altra, come è possibile verificare attraverso le mirabili tombe, i mausolei, le piramidi, ma anche attraverso le sempici sepulture, che assiri, fenici egizi, etruschi, greci, romani, dedicavano ai defunti.
L’evoluzione, tuttavia – ed è un dato acquisito – non è un processo che a un certo punto si arresti e si blocchi. Si tratta infatti di un corso inarrestabile come un fiume. E non solo da un punto di vista cosmologico (l’Universo in una continua ed inimmaginabile espansione); non solo dal punto di vista naturale e fisico. Essa riguarda anche la coscienza umana.

Questo intendeva Hegel in quel suo capolavoro filosofico che è “La fenomenologia dello Spirito“, in cui tracciò una storia, nemmeno tanto ideale, dello “spirito” il quale, lentamente, dai primordi naturali ed elementari, transita a una condizione sempre più umana, fino a giungere, attraverso passaggi non indolori, rotture, salti, ora temerari ora ponderati e riflessivi, cadute nell’abisso e impensabili conquiste, alla consapevolezza di sé e del mondo circostante cui siamo giunti finora.
Che significa livelli sempre più avanzati di civilizzazione. Tuttavia, profondi e tenaci residui di inciviltà persistono.
Ne sono testimonianza tutte le mancanze di rispetto degli altri fino alle violenze, agli assassini e alle guerre che costituiscono delle forme ricorrenti di regressione a stadi primitivi.
[alert_box style=”message” close=”no”]Oggi sono in molti i pensatori, anticipati da grandi geni come Leonardo da Vinci, nei quali si fa strada l’opinione che un passo avanti  nel nostro processo evolutivo sarà costituito da una considerazione nuova e diversa, ossia più rispettosa, del mondo animale, e dalla convinzione che tra noi e gli altri esseri viventi, o senzienti che dir si voglia, non esista separazione.[/alert_box]
C’è poi chi va anche oltre prospettando una carta di diritti degli animali, cui, tra l’altro, spetterebbe una dignitosa sepoltura. Questo perché anche gli animali hanno una forma di “coscienza”, soffrono e gioiscono come gli esseri umani.
In “La gatta Arcibalda e altre storie“, un libro bellissimo, direi, parafrasando Nietzsche, “umano troppo umano”, la grande teologa, scrittrice e giornalista cattolica Adriana Zarri, scrive: “E’ indubbio che l’uomo ha preso troppo sul serio il suo ruolo di “re dell’universo”, ha costruito un’ideologia eccessivamente provinciale, a suo uso esclusivo, e ha dominato con polso duro: padre e padrone, più padrone che padre. Oggi sta comprendendo di non essere un re solitario e assoluto, ma un fratello della altre creature: fatto della medesima pasta, consanguineo, consorte (vale a dire con la medesima sorte, nella condivisione, degli animali, del destino dell’uomo)”.

 

di Domenico Casa

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