La relazione che cura. L’altro possiamo incontrarlo, non possiamo conoscerlo

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Una relazione di cura si qualifica come tale in quanto intende prendersi cura, occuparsi, farsi carico, dell’altro in quanto persona, o, anche, dell’altro nella sua soggettività. Questo tipo relazione può essere curativa e riparatrice. Le qualità indispensabili affinché una relazione sia efficace sono: autenticità, empatia e neutralità.

Autenticità
significa che il counselor è presente come “persona” con le proprie qualità umane oltre che professionali, ciò non vuole dire, come alcuni pensano e praticano, mancanza di regole nel setting e intercambiabilità di ruoli.

Empatia
significa sentire il problema dell’altro mettendosi nei suoi panni, senza divenire l’altro. Il counselor partecipa alla relazione non solo con il proprio pensiero, l’esperienza e il bagaglio culturale, ma anche con il proprio sentire. Due universi umani s’incontrano, si percepiscono, si esprimono, entrambi in contatto con le proprie emozioni, coinvolti nel processo di cambiamento.

Neutralità
è la posizione assunta dal counselor, basata sulla convinzione profonda che chiedere aiuto non significa aver bisogno di consigli e soluzioni, ma piuttosto poter contare su qualcuno che sappia offrire supporto e stimolo affinché la persona stessa, già in possesso delle sue risposte di benessere, anche se dimenticate, ritrovi il proprio “sapere” e la propria autonomia e con essa la capacità di agire in maniera non ripetitiva, ma creativa ed efficace.
Senza la capacità di mostrarsi cosi come si è, autenticità ed empatia diventano parole vuote di significato e la relazione non potrà essere riparatrice di nulla perché ricalcherà le orme di rapporti passati, carenti emotivamente.
Il rapporto counselor – cliente rievoca in parte il rapporto genitori – figli: caratteristica comune è la volontà di sostenere e aiutare l’altro sino a quando egli trova la forza di camminare da solo nel mondo. Autenticità, empatia e neutralità sono fondamentali anche nella relazione con i figli poiché sono le qualità che più di altre hanno la facoltà di infondere fiducia e portarli a riconoscersi appieno in quanto esseri meritevoli d’amore. Se ci si sente amati con i propri limiti si diventa capaci di amare l’altro così com’è e la vita acquista una nuova dimensione: quella di non dover rinunciare a se stessi e alla propria identità per nessuna ragione al mondo.

Ogni relazione che noi abbiamo, è una relazione d’amore, se partiamo dal presupposto che in quella relazione ci siamo noi e che l’altro, il counselor, può essere uno strumento prezioso per aiutarci a sanare quella ferita d’amore che ci porta ad essere come siamo. Si può essere preparati quanto si vuole ma se non c’è amore in ciò che si fa, significa che non si mettono le basi per costruire quella relazione che cura. E questo non significa che bisogna caricarsi la persona sulle spalle, ma che bisogna prenderlo in carico: solo se si resta vicini ma differenziati, è possibile sperimentare la possibilità di accompagnare la persona nel suo viaggio verso la risalita.

 

di Anna Sallustro

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