Il mondiale dei mondiali – Il sogno del Maracanà

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Avevo 10 anni quando mio padre mi mostrò per televisione lo stadio del Maracanà, il più grande del mondo con una capienza di 200.000 spettatori, a Rio De Janeiro. E fu proprio allora che, colpito dalle dimensioni e dalla bellezza di questo stadio, cominciai a pensare: “Chissà se un giorno riuscirò ad andarci”.
Animato da questo mio desiderio da bambino, ho organizzato il viaggio in Brasile per seguire la Nazionale Italiana, programmando il mio soggiorno nelle prime città dove avrebbe giocato la nostra squadra, Manaus, nella foresta Amazzonica, Recife e Natal sul mare e infine Rio De Janeiro con la speranza che l’Italia si qualificasse al secondo posto, perché così avrebbe giocato proprio nel mitico e storico Maracanà. Purtroppo non è andata così e il mio sogno da bambino si è infranto a pochi minuti dalla fine della partita con l’Uruguay, su un calcio d’angolo con un colpo di schiena del difensore della squadra sud americana.
In Italia sono stato in quasi tutti gli stadi, ovviamente quelli più importanti e in Europa ho fatto altrettanto. Ho seguito partite in Spagna, Inghilterra, Francia, Austria, Svizzera, Germania, Polonia, Ucraina, Grecia, Olanda e addirittura in Australia per vedere le partite del Sidney di Del Piero.
Ma il Maracanà era il mio sogno da bambino e lo resterà ancora. In Brasile il calcio è vissuto con grande intensità, passione ed emozione, rivestendo un’importanza addirittura esagerata…è per questo che a ragione il mondiale del 2014 è definito Il mondiale dei mondiali.
Infatti ogni volta che gioca la nazionale brasiliana, anche in altre partite ufficiali, il paese si paralizza, non si lavora e all’orario della partita c’è il coprifuoco. In tutti i bar, negozi, supermercati, in tutte le case, anche quelle delle Favellas o addirittura in quelle di legno o capanne, c’è una televisione, perfino i venditori ambulanti con i carrettini, hanno una TV per seguire la partita.
Parlando di sport, non posso non considerare la delusione per l’eliminazione dell’Italia nel girone, vivendo il ritiro della Nazionale e, prima di ogni partita, parlando con i dirigenti e calciatori, ho percepito sin dall’inizio che il morale non era alto e che a differenza del 2006, non c’era lo spirito giusto per vincere. Dopo l’eliminazione, le parole di Buffon, De Rossi e Pirlo hanno confermato le mie impressioni iniziali. Ma piu di tutto mi ha amareggiato il vedere nei tre stadi dove abbiamo giocato, pochissimi tifosi italiani.
Le altre tifoserie erano compatte, coreografiche, divertenti, sorridenti e trasmettevano una straordinaria energia.
Questo è uno dei motivi per il quale cerco sempre di andare a queste competizioni internazionali.
È dalle Olimpiadi di Atene del 2004 che seguo lo sport a livello mondiale. In queste occasioni c’è unione e spirito sportivo che in Italia è difficile trovare.
Anzi, in Italia, fra qualche tifoso del Napoli, ho sentito ancora commenti di persone che hanno gioito per l’eliminazione della nostra nazionale e tornando dal Brasile, ciò fa ancora più male.
Seguendo le partite mi sono accorto che tutte le altre tifoserie, in una competizione del genere, si uniscono ancor di più e gioiscono nella vittoria o si rincuorano nella sconfitta, ed è bellissimo vedere tanti popoli tutti insieme a festeggiare, indipendentemente dal risultato, noi invece siamo ridicoli.
Ho visto tanti Venezuelani, Guatemaltechi, Italo-Americani, addirittura da Malta e Mozambico che sono venuti a tifare Italia e noi italiani non ne siamo capaci, ma non solo per non seguire la nazionale all’estero, perché mi rendo conto che non è facile anche a livello economico ma perché noi, invece di sport, parliamo di politica, di nord e sud, di Italjuve etc. Lo sport dovrebbe unire in tutti i sensi e solo quando sei fuori a seguire queste competizioni te ne accorgi, evidentemente non crediamo in questi valori.
Non dimentico però quando ero a Berlino, lì tutti si ricordarono di essere italiani e salirono sul carro dei vincitori, troppo facile così. Poi a tutti quelli che mi hanno detto: “A prossima vot’ statt a casa” o “Che sei andato a fare”, vorrei dire che sono sicuro che in fondo avrebbero voluto esser lì con me e chiedergli come mai non me lo dissero anche quando ero in Germania nel 2006 a godere con Cannavaro e gli altri.
La non compattezza della nostra tifoseria si è vista anche quando i pochi italiani presenti allo stadio criticavano le scelte del CT solo a seconda della loro fede calcistica. Si parlava di Juve, Inter, Milan e non di nazionale. L’Italia è l’Italia e basta!
Io da juventino avrei potuto fare tanti striscioni con Pirlo, Buffon, etc. invece ho portato con me quello dedicato a due giovani napoletani Ciro Immobile e Lorenzo Insigne.
Mah…forse io vedo lo sport in un altro modo.
Concludo con un pensiero di solidarietà all’ospitale e accogliente popolo brasiliano che sta soffrendo per la propria “Selecao” e soprattutto per l’infortunio di Neymar, l’idolo assoluto del paese.
Vedere le partite del Brasile nella “Fan Fest FIFA” è stato affascinante, non potevi non emozionarti, quando migliaia di persone cantavano con la mano sul cuore l’inno nazionale e esultavano per un gol della propria squadra.
Viva lo Sport e viva la cultura sportiva che nel nostro paese deve ancora crescere.

 

di Ernesto Lupacchio

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