Il gusto dei ricordi

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A fa ‘e struffoli è nu sfizio.
Cumminciamm dall’inizio:
faje na pasta sopraffina,
e po’ tagliala a palline,
cu na bona nfarinata.
Dopp’a frje. Già t’e stancate?
Chest è a parte chiù importante!
Mò ce vo’: miele abbondante
e na granda cucuzzata
(a cocozza nzuccherata).
N’è fernuto ancora, aspiette!
S’anna mettere ‘e cunfiette:
aggrazziate, piccerille,
culurate: ‘e diavulille…
Ma qua nfierno, è Paraviso!
Iamme, falle nu’ surriso!
Comme dice? “Mamma mia,
stanne troppi ccalurie
so’ pesante, fanno male?”
Si va buò,ma è Natale!

 

Succede spesso che il cibo superi il suo senso più stretto di alimento per diventare altro. Si parla allora di Comfort Food: un boccone carico di emozioni e di ricordi, in grado di ricondurci ad una persona, ad un luogo o ad un tempo felice.
Profumi e sapori che diventano i veicoli di un viaggio indietro nel tempo, spesso verso la propria infanzia.
Ecco, il mio Comfort Food di Natale sono gli struffoli.
Ogni anno la mia casa si inebria dei profumi di miele fuso e frutta candita ed io torno bambina. Rivedo mia nonna, le sue mani morbide e lisce che lavorano con cura l’impasto per poi arrotolarlo e tagliarlo a tocchetti (non troppo piccoli e non troppo grandi!)
Da allora fare gli struffoli, ancor più che mangiarli, è tradizione. Un rito senza il quale non sarebbe Natale.
E questo vale per la maggior parte delle famiglie napoletane.
Nonostante ciò bisogna dire che gli struffoli non sono nati a Napoli. Pare che nel Golfo di Napoli ce li abbiano portati i Greci al tempo di Partenope. Ed è proprio dal greco che secondo molti deriverebbe anche il nome struffoli, più precisamente dalla parola strongoulos, ovvero “dalla forma arrotondata”.
Altre teorie sostengono che la parola struffolo, derivi da strofinare, il gesto che compie chi lavora la pasta per arrotolarla a cilindro. Altri ancora, pensano che lo struffolo si chiami così perché strofina il palato, ovvero lo solletica con il suo dolce sapore.
La loro diffusione avvenne in epoca moderna grazie ai conventi napoletani, dove le suore li preparavano per offrirli come dono natalizio alle famiglie nobili che si erano distinte per atti di carità. Nell’Italia meridionale ne esistono oggi diverse versioni, tutte più o meno simili alla ricetta originale ma con nomi diversi: in Calabria “cicirata” o “turdiddi”, in Umbria ed Abruzzo “cicerchiata” ed a Palermo “strufoli”

LA RICETTA: Gli Struffoli

 

di Anna Maione

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