Niente carcere per i reati fino a 4 anni

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Buone notizie per coloro che si sono macchiati di reati considerati di minore allarme sociale e che intendono rimediare alle conseguenze dannose o pericolose prodotte dalla commissione degli stessi evitando di incorrere in spiacevoli condanne penali.

Con la legge n.67 del 28 Aprile 2014 il legislatore ha introdotto l’istituto (già operante nei procedimenti a carico dei soggetti minorenni) della sospensione del processo penale con la messa alla prova per adulti, ora disciplinato dai nuovi articoli 168 bis, ter e quater del codice penale e dagli artt. 464 bis, ter, quater, quinquies, sexies, septies, octies e novies e 657 bis del codice di procedura penale.
Stante il tenore della suddetta legge, infatti, per un cospicuo elenco di reati sanzionati con un massimo di pena di 4 anni di detenzione, da oggi sarà possibile chiedere al Giudice penale la sospensione del processo con messa alla prova: in parole blande il legislatore ha concesso una sorta di “chance” all’imputato permettendogli (ovviamente in presenza delle richieste condizioni di legge) di avanzare istanza di sospensione del processo al fine di avviare un percorso di servizio e risarcimento, di durata massima di 2 anni, al termine del quale il reato verrà considerato estinto.
Tecnicamente la messa alla prova prevede la prestazione di condotte finalizzate all’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose derivanti dal reato, e se possibile al risarcimento del danno.
Previa richiesta della parte interessata, con deposito di un programma concordato con l’ufficio penale di esecuzione esterna (UEPE), l’imputato, in caso di valutazione positiva da parte del Giudice penale, sarà affidato al servizio sociale per lo svolgimento di un programma che potrà implicare, tra l’altro, attività di volontariato di rilievo sociale, ovvero l’osservanza di prescrizioni relative ai rapporti con il servizio sociale o con una struttura sanitaria, alla dimora, alla libertà di movimento, al divieto di frequentare determinati locali.
La concessione della messa alla prova sarà, inoltre, subordinata all’espletamento del lavoro di pubblica utilità, ossia di una prestazione non retribuita di durata non inferiore a dieci giorni, anche non continuativi, in favore della collettività. Tale prestazione sarà svolta con modalità tali da non dover pregiudicare le esigenze di famiglia, lavoro, studio e salute dell’imputato per una durata giornaliera non superiore alle otto ore.
Và sottolineato che il “beneficio” richiesto sarà disposto (sempre che non debba essere pronunciata sentenza di proscioglimento ex art. 129 CPP) qualora il Giudice avrà reputato idoneo il programma di trattamento presentato dall’imputato e avrà ritenuto che lo stesso si asterrà dal commettere ulteriori reati. A tal fine sarà valutato anche che il domicilio indicato nel programma dell’imputato affinché lo stesso sia tale da assicurare le esigenze di tutela della persona offesa dal reato.
Unico limite soggettivo è che il richiedente non sia stato dichiarato delinquente professionale, abituale o per tendenza.
Il beneficio potrà essere sempre revocato nel caso di grave violazione del programma di trattamento o in caso di commissione di nuovi delitti non colposi o di reati dello stesso tipo di quelli per i quali si è proceduto e potrà essere concesso non più di una sola volta.

Ricapitolando, quindi, l’imputato in un procedimento penale per un reato che non supera complessivamente i 4 anni di pena, potrà ora usufruire di un trattamento sanzionatorio sicuramente più mite rispetto a quello cui sarebbe incorso in caso di affermazione della sua piena responsabilità penale, chiedendo al Giudice la sospensione del procedimento con messa alla prova con l’affidamento in prova al servizio sociale e lo svolgimento del conseguente lavoro di pubblica utilità.
Ovviamente tale “scelta” processuale andrà sempre disquisita con il vostro Avvocato penalista di fiducia.

 

di Valerio Massimo Aiello

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