Spaccio di droga. Pene meno severe per l’ipotesi di lieve entità

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Il decreto legislativo n. 36/2014 convertito dalla legge 16 maggio 2014 n.79 ha introdotto significativi cambiamenti in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza.
In particolare tra le modifiche immesse merita attenzione la riformulazione del quinto comma dell’art. 73 DPR 309/90 che riduce a 4 anni la pena detentiva per lo spaccio di droga di lieve entità, evitando così ai piccoli spacciatori, salvo casi eccezionali, di finire in carcere. Viene inoltre abolita la distinzione tra droghe leggere e droghe pesanti lasciando di fatto al Giudice il compito di graduare l’entità della pena in base alla qualità e quantità della sostanza stupefacente venduta.
Ecco difatti cosa stabilisce il nuovo 5 comma dell’art.73DPR 309/90: “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque commette uno dei fatti previsti dal presente articolo che, per i mezzi, la modalità o le circostanze dell’azione ovvero per la qualità e quantità delle sostanze, è di lieve entità, è punito con le pene della reclusione da sei mesi a quattro anni e della multa da euro 1.032 a euro 10.329″.
Tale nuova “ipotesi lieve” di condotta illecita in tema di sostanze stupefacenti continua ad essere raffigurata come figura di reato autonoma e non più come circostanza attenuante rispetto a quella delineata dal comma primo dell’art. 73 dpr 309/90.
Il nuovo limite massimo edittale di quattro anni di reclusione aprirà altresì agli imputati per i fatti di cui al quinto comma la possibilità di chiedere di essere ammessi al nuovo istituto della sospensione del processo con messa alla prova ai sensi dei nuovi artt. 168-bis e ss. c.p., introdotti dalla legge n. 67/2014.
Niente carcere quindi per i piccoli spacciatori di droga, salvo casi davvero eccezionali. Esclusa radicalmente la custodia cautelare in carcere, i piccoli spacciatori avranno inoltre la possibilità di evitare la sentenza di condanna mediante la sospensione del processo con messa alla prova e qualora si arrivi invece ad una condanna senza la sospensione condizionale della pena, l’ingresso effettivo in carcere sarà quasi sempre subordinato a una previa valutazione del tribunale di sorveglianza sulla possibilità di usufruire o meno delle misure alternative extramurarie.
Nell’ipotesi poi – piuttosto inverosimile, stante l’attuale massimo edittale – di pena superiore ai tre anni di reclusione, rispetto alla quale non opererà la sospensione dell’ordine di esecuzione di cui all’art. 656 co. 5 c.p.p., il condannato avrà d’altra parte la possibilità di chiedere sin da subito l’affidamento in prova al servizio sociale ai sensi dell’art. 47 co. 3-bis ord. pen. recentemente introdotto dal d.l. 146/2013 .
Nella medesima direzione va sottolineata un’altra importante modifica al decreto legge introdotta dalla legge di conversione, la quale ha opportunamente ripristinato il comma 5-bis dell’articolo 73 del t.u.: ridiviene così possibile sostituire le pene detentive e pecuniarie per i delitti di cui all’art. 73 co. 5 , commessi da soggetti tossicodipendenti o da assuntori di sostanze stupefacenti, con la pena del lavoro di pubblica utilità previsto dall’art. 54 del d.lgs. n. 274/2000, alla cui disciplina il co. 5-bis rinvia, sia pure con talune deroghe.
La materia necessiterebbe per la sua complessità di ulteriori chiarimenti non possibili in tale sede per motivi di brevità di esposizione.

 

di Valerio Massimo Aiello

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