Dal primo trapianto di cuore di Barnard si è passati a interventi di avanguardia sino al cuore artificiale. Si sta lavorando per ottenere in futuro riparazioni cardiache per via genetica o con l’impiego delle cellule staminali
Non v’è dubbio che il novecento ha chiuso i suoi anni con il conseguimento di grandi scoperte in tutto il campo scientifico: dall’uomo sulla luna alla sostituzione del cuore ammalato nell’uomo. Era il 3 dicembre 1967 quando il cardiochirurgo Christian Barnard all’Ospedale Groote Schuur di Citta del Capo effettuò il primo trapianto di cuore. Fu trapiantato il cuore di una ragazza di 25 anni, deceduta a seguito di un incidente stradale, in un uomo di 55 anni. Questo primo intervento ebbe una risonanza mondiale perchè nella credenza generale non si riteneva possibile sostituire un organo così importante non solo perchè motore della vita di una persona ma anche per l’aspetto simbolico della sede dell’anima. Tuttavia questo primo intervento non ebbe il risultato sperato in quanto la vita del trapiantato durò poco tempo a causa del rigetto. Nell’anno seguente lo stesso cardiochirurgo eseguì un secondo e più fortunato intervento sul dentista Philip Bleiberg, che visse col cuore nuovo per 19 mesi. Barnard oltre alla sicurezza ottenuta dalle precedenti sperimentazioni sugli animali e alla grande manualità acquisita ebbe anche il coraggio di affrontare una specie di sfida con la Società, per un possibile eventuale insuccesso nella realizzazione del suo progetto di avanguardia.
Il trapianto di cuore in Italia
La scoperta e l’introduzione in commercio di un nuovo farmaco nel 1980 per contrastare il rigetto degli organi trapiantati, la Ciclosporina A, consentì la diffusione dei trapianti di cuore. Questo farmaco oltre a ridurre la formazione di particolari elementi del sangue (linfociti T) che contrastano l’attecchimento di corpi estranei nell’organismo, favorendone in tal modo l’espulsione (rigetto), non agisce sugli altri elementi del sangue che sono necessari per la difesa da facili e gravi infezioni.
Così anche in Italia abbiamo avuto il primo trapianto di cuore il 14 novembre 1985 che è stato eseguito a Padova dall’èquipe del prof. Vincenzo Gallucci. Fu trapiantato con successo il cuore di un ragazzo di 18 anni su Ilario Lazzari. In seguito molti altri Centri italiani hanno effettuato numerosi trapianti con successo su persone con malattie cardiache che avrebbero consentito pochi mesi di vita.
Molti trapiantati dopo anni ancora vivono in buone condizioni di salute ed alcuni in piena attività lavorativa. Tuttavia, per la difficoltà di reperire cuori da trapiantare, sono stati approntati vari tipi di apparecchiature funzionanti come “cuori artificiali” temporanei in attesa di poter effettuare il trapianto definitivo.
Bypass e Stent alle coronarie
Sin dagli anni passati per poter osservare le condizioni delle Coronarie che portano sangue al cuore e lo circondano come un cestello, responsabili di possibili ostruzioni e di infarti, veniva introdotto in questi vasi un liquido opaco ai raggi X a mezzo di cateteri.
Oggi con dei minicateteri che vengono introdotti per via percutanea, a mezzo di un ago anche dal braccio, senza lasciare alcuna traccia o fastidio, l’Emodinamista (il Cardiologo che si interessa delle indagini invasive riguardanti la cicolazione sanguigna) raggiunge l’interno del cuore e le sue coronarie.
Se l’osservazione evidenzia delle ostruzione lungo i rami principali coronarici viene valutata immediatamente il tipo di intervento.
Di regola se l’ostacolo alla circolazione del sangue è massiccia ed in diversi punti si prospetta la necessità dell’intervento del Cardiochirurgo per il bypass aorto-coronarico. In presenza di chiusura solo di alcune coronarie lo stesso Emodinamista interviene con una metodica detta Angioplastica.
Raggiunge i punti ostruiti e vi applica, sempre a mezzo del sondino, uno Stent, che è una retina metallica posizionata e dilatata, come un palloncino, in modo da consentire poi il regolare passaggio al sangue. E dopo circa dieci anni dall’applicazione dei primi Stent oggi vengono applicati anche dei nuovi dispositivi di materiale assorbibile in diversi Centri cardiologici europei ed anche in Campania.
Il pacemaker intracardiaco
Sempre con l’ausilio delle nuove tecniche emodinamiche e con l’uso di particolari minicateteri si possono ottenere altri tipi di interventi, che vanno dalla possibile sostituzione di una valvola difettosa, al controllo dell’origine degli impulsi elettrici (esame elettrofisiologico) che possono individuare quei centri anomali determinanti scariche di impulsi di notevole frequenza e pericolosi per la persona (aritmie come la tachicardia parossistica, fibrillazione atriale e ventricolare). La possibilità di poter eliminare questi centri stimolatori anomali all’interno del cuore con mirate scariche elettriche a radiofrequenze (Ablazione transcatetere) o di sistemare un Pacemaker controllore del battito cardiaco hanno risolto queste gravi complicanze. Il pacemaker dotato di una batteria autonoma viene applicato sotto la pelle all’altezza della spalla sinistra in una “sacca” cutanea e collegato con dei minuscoli cateteri-elettrodi al cuore.
E anche per questo tipo di applicazione la Medicina ha già sperimentato un nuovo tipo di apparecchiatura, il pacemaker intracardiaco, risultato della ricerca delle nanotecnologie della Nanostim. Una vera rivoluzione leadness (senza fili) nel campo della stimolazione cardiaca. Trattasi di un minuscolo apparecchio talmente piccolo da poterlo introdurre a mezzo di un catetere direttamente all’interno del cuore, nel ventricolo destro, con una batteria autonoma che può durare sino a 10-13 anni.
Gli interventi mininvasivi
Sino a poco tempo fa per operare sul cuore occorreva aprire il torace, tagliando lo sterno e spostando le coste dalla regione precordiale. Tutto ciò poteva portare in seguito fastidi al paziente nel riattaccarsi lo sterno dopo l’intervento. Oggi si riesce a raggiungere il cuore senza tagliare la parte anteriore del torace, ma approfittando degli spazi intercostali.
In tal modo, grazie anche alle nuove attrezzature a fibre ottiche e di sofisticati sistemi, come dei piccoli robot, si eseguono interventi di bypass aorto-coronarici, di sostituzioni valvolari difettosi e difetti congeniti. Il tutto può essere eseguito anche a cuore in piena funzione, senza l’intervento della macchina cuore-polmoni.
Per il futuro si prevedono ancora grandi novità come la possibile sostituzione o la rigenerazione di parti di cuore per via genetica o con l’impiego di cellule staminali.