Una malattia che lascia senza parole: l’afasia progressiva primaria

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E se all’improvviso ci ritrovassimo per magia con la lampada di Aladino tra le mani? Quanti di noi, insieme a benessere e ricchezza, richiederebbero l’immortalità?

Per accaparrarci l’elisir di lunga vita potremmo essere disposti a raggiungere a piedi l’altro capo del mondo o a fare un patto di sangue con il diavolo! Tuttavia, la leggendaria pozione, capace di renderci degli highlander, dovrà avere in sé la caratteristica di poter fermare il tempo e lasciarci per sempre giovani.
Ogni periodo della vita, e non fa di certo eccezione la vecchiaia, ha in sé qualcosa di eccezionale. Ciascuna età rivela il senso dell’esistenza stessa, colto e vissuto in maniera sempre diversa da individuo ad individuo, al punto che non si può più parlare di vere e proprie “fasi” della vita, ma solo di modifiche, spesso apparenti, dell’essere: vecchi-bambini, bambini già vecchi o soggetti di cui difficilmente si può individuare l’età.
La conoscenza, l’esperienza dell’anziano, il suo desiderio di “mordere” la vita, che piano piano scorre via, rendono la maturità una fase di un fascino innegabile. È però anche, inevitabilmente accompagnata dal deterioramento fisiologico del corpo e purtroppo sovente della mente.
Uno degli effetti più immediati dell’aumento della popolazione anziana nel mondo è rappresentata, senza ombra di dubbio, dalla maggiore incidenza in ambito clinico di pazienti con patologie degenerative (morbo di Alzheimer, Parkinson, demenza senile etc). Spesso non diagnosticate con tempestività, finiscono con l’intaccare, con effetti devastanti, non solo i processi cognitivi, ma anche comunicativi e quindi la qualità di vita del soggetto.
Di particolare interesse, l’ Afasia Progressiva Primaria (PPA) è una sindrome degenerativa e progressiva caratterizzata da un’ingravescente perdita del linguaggio.
A differenza di quanto accade nell’Afasia, causata da un danno vascolare acuto (ictus), la PPA ha un esordio silenzioso, lento e subdolo ed ha un andamento peggiorativo; non è databile il suo inizio e non si manifesta con dolore o perdita di coscienza.
Inizialmente il paziente denuncia una difficoltà nel trovare le parole per esprimere un concetto: il soggetto inizia ad impiegare un tempo decisamente eccessivo per poter reperire i vocaboli e comunicare con gli altri. Questo sintomo iniziale si evolve poi con un andamento lento e degenerativo che porterà nel corso dei due anni successivi alla perdita totale del linguaggio espressivo. Alla graduale compromissione delle abilità linguistiche si addiziona poi, nella maggior parte dei casi, la tendenza ad evolvere in demenza.
L’evoluzione della malattia, accompagnata dalla grande varietà di sintomi e dal diverso livello di gravità con cui possono presentarsi, non rendono sicuramente semplice la formulazione di una diagnosi e la conseguente prognosi.
All’inquadramento definitivo del paziente con PPA si arriva mediante la diagnosi differenziale con altre e più diffuse forme di demenza, comunque accompagnate da perdita progressiva del linguaggio. In particolare i pazienti con Afasia Primaria Progressiva vengono distinti da quelli affetti dalla Malattia di Alzheimer mediante la valutazione delle loro residue capacità mnemoniche: gravissimi in questi ultimi i deficit a carico della memoria, al contrario inalterata o lievemente compromessa nei primi.
L’intervento riabilitativo in questi pazienti non ha ahimé prognosi benevola e risulta strettamente limitato ad indicazioni e strategie, suggerite per lo più alla famiglia, volte a migliorare la qualità di vita del soggetto o a rallentare l’iter degenerativo ineluttabile.
E nella irrealizzabile (ma forse anche noiosa) richiesta di immortalità, che non ci sfugga la postilla dell’eterna giovinezza! In caso contrario, sarà meglio affidarsi al proprio destino…

 

di Mariarosaria D’Esposito

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