Perdersi

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Marzo 2005
“Alice era sul podio con la stampata del discorso stretta in mano e osservava il pubblico seduto nel salone delle feste dell’hotel…Iniziò il suo discorso…
«Buongiorno. Sono la dottoressa Alice Howland… Ho insegnato alla Harvard University per venticinque anni. Ho tenuto corsi di psicologia cognitiva, ho condotto ricerche nel campo della linguistica e tenuto conferenze in tutto il mondo. Ma oggi non sono qui per parlarvi in qualità di esperta di psicologia o di linguaggio. Oggi sono qui per parlarvi come esperta del morbo di Alzheimer… Sono esperta dell’argomento perché poco più di un anno fa mi è stata diagnosticata una forma presenile di Alzheimer. Sono onorata di avere quest’opportunità di parlare con voi oggi, nella speranza di potervi fornire qualche indicazione su cosa significhi convivere con la malattia. Presto, pur continuando a sapere cosa si prova, non sarò più in grado di raccontarvelo. E anche troppo presto non avrò più nemmeno coscienza di essere malata…. Nella fase iniziale dell’ Alzheimer noi malati non siamo del tutto incapaci. Non siamo privi di linguaggio o di opinioni che contano o di prolungati periodi di lucidità. Eppure non siamo più affidabili né all’altezza della maggior parte dei compiti richiesti dalla nostra precedente esistenza… Non lavoro più a Harvard. Non leggo e non scrivo più libri o articoli di ricerca… Combatto per trovare le parole che vorrei dire e spesso sento di dire parole sbagliate. Non riesco a giudicare le distanze spaziali, questo significa che mi cadono le cose e cado spesso e riesco a perdermi a due isolati da casa. E la mia memoria a breve termine è appesa a un paio di fragili fili. Sto perdendo i miei ieri. Se mi chiedeste cos’ho fatto ieri, cos’è successo, cos’ho visto e sentito e ascoltato, mi sarebbe molto difficile fornirvi i dettagli.
Posso forse azzeccare un paio di cose. Sono brava a tirare a indovinare. Ma non è che lo sappia davvero. Non mi ricordo di ieri e neppure dell’altroieri. E non ho alcun controllo su quali ieri posso ricordare e quali vanno perduti.Con questa malattia non si può patteggiare…
Sentirsi diagnosticare l’Alzheimer è come essere marchiato con una lettera scarlatta…. Per favore, non limitatevi a guardare la nostra lettera scarlatta e a cancellarci dalla vostra vita. Guardateci negli occhi e parlate con noi. Non spaventatevi e non prendetela come un’offesa personale quando faremo degli errori, perché li faremo. Ripeteremo le stesse cose, cambieremo posto alle cose e ci perderemo. Ci dimenticheremo come vi chiamate e cos’avete detto due minuti prima. Faremo anche del nostro meglio per compensare e nascondere le nostre lacune cognitive. Vi incoraggio a darci maggiore autonomia, anziché limitarci… Lavorate con noi. Aiutateci a sviluppare soluzioni che ci permettano di aggirare i nostri deficit di memoria, linguaggio e capacità cognitive. Incoraggiateci a partecipare a gruppi di sostegno. Possiamo aiutarci a vicenda, sia le persone affette da demenza sia chi le assiste…. I miei ieri stanno scomparendo, i miei domani sono incerti, e allora per cosa vivo? Vivo giorno per giorno. Vivo nel presente. Uno di questi domani dimenticherò di essere stata qui davanti a voi a tenere questo discorso. Ma solo perché presto me ne dimenticherò non vuol dire che l’oggi non conta. Non mi viene più richiesto di tenere lezioni sul linguaggio all’università o conferenze di psicologia in giro per il mondo. Ma oggi sono qui davanti a voi a tenere un discorso che spero sarà il più importante della mia vita. E ho il morbo di Alzheimer. Grazie.» “
Tratto da “Perdersi” di Lisa Genova

Alice Howland ha 50 anni. È una scienziata di fama internazionale che dopo anni di studio è riuscita finalmente a concretizzare il suo sogno: una cattedra di linguistica alla prestigiosa università statunitense.
John, suo marito, è un affermato ricercatore di chimica. La coppia ha tre figli, Tom, Anna e Lydia, profondamente diversi tra loro, ciascuno realizzato in rapporto alle proprie personali ambizioni.
A casa di Alice c’è sempre un clima di serentità familiare ed intellettualmente elevato.
Ad un tratto però accade qualcosa. Non avviene all’improvviso, ma con una certa gradualità. Sempre più spesso Alice sente di non riusciure a trovare le parole: sono sulla punta della lingua, “galleggiano davanti ma non riesce a raggiungerle”.
Un giorno le capita di dimenticare il numero delle uova per il dolce di Natale che faceva da anni, da quando era bambina. Alice inizia a temere che qualcosa non vada in lei. Fin quando un pomeriggio si ritrova in una piazza, a pochi metri da casa e si sente persa. Riconosce quel posto, sa di averlo visto e di esserci già stata tante volte, ma in quel momento per lei è indefinibile e non riesce più ad orientarsi.
Di lì a poco le viene diagnosticata una forme precoce di Alzheimer.
La donna forte che ha sorretto e sostenuto la sua famiglia e la sua carriera diventa ogni giorno più fragile e tutto quello in cui ha creduto pare sgretolarsi sotto i suoi occhi.
“Perdersi” è il libro di esordio di Lisa Genova. Laureata in neuropsichiatria, si occupa da sempre delle patologie e dello studio del cervello umano. Il romanzo pubblicato nel 2007 diviene in breve tempo un bestseller dell’editoria e riscuote un enorme successo internazionale. Il film pluripremiato “Still Alice”, adattamento cinematografico del romanzo, esce nelle sale cinematografice alla fine del 2014. Julianne Moore, nei panni di Alice, riceve nel 2015 il Premio Oscar come migliore attrice protagonista.

L’Alzheimer è una patologia in forte incremento.

La sintomatologia presente al suo esordio non la rende facilmente diagnosticabile, in quanto spesso confusa con ansia o depressione. In questo stadio iniziale il paziente è disorientato, ha difficoltà nel reperire i vocaboli o a ricordare eventi accaduti di recente.
In una fase successiva la sintomatologia si acutizza e la perdita di memoria si fa talmente estesa da compromettere lo svolgimento delle normali attività quotidiane; al deficit espressivo si associa quello della memoria procedurale (diviene impossibile anche allacciarsi le scarpe o preparare un caffè). Nell’ultimo stadio della malattia il paziente perde completamente ogni funzione cognitiva e linguistica, con gravi difficoltà anche di tipo motorio.

L’Alzheimer ha prognosi infausta.

L’intervento logopedico come d’altronde quello farmacologico, non ha chiaramente effetti risolutivi. Mira piuttosto a rallentare l’inevitabile declino cognitivo e linguistico ed a mantenere quanto più a lungo possibile le facoltà ancora integre.
Non meno importante il supporto emotivo ed organizzativo fornito ai familiari, mediante indicazioni sul come destreggiarsi al meglio nella vita quotidiana e nella scelta delle attività più adeguate.
Lo sguardo di Alice che si affievolisce, l’essere svuotata del proprio passato e dei ricordi e il suo lessico che si dimezza giorno dopo giorno ci riempiono inevitabilmente della progressiva e terribile devastazione del “perdersi”.

 

di Mariarosaria D’Esposito

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