Linguaggio e lettura: un legame imprescindibile!!!

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Veniva definita qualche secolo fa come la “cecità per le parole”, quasi come se il lettore facesse fatica a vedere le parole del testo scritto. Studi recenti hanno dimostrato l’origine biologica della dislessia: i soggetti con difficoltà di apprendimento pare abbiano un’organizzazione cerebrale (in rapporto alla decodifica dei suoni) differente rispetto ai normolettori. La diversa “programmazione” delle regioni uditive del sistema nervoso non è chiaramente sinonimo di patologia. Accade, ad esempio, anche per le asimmetrie cerebrali in rapporto al sesso: la difformità tra il cervello dell’uomo e quello della donna non basta a definire l’uno sano l’altro malato.
La dislessia riconosce un alto grado di familiarità. Non di rado, nel diagnosticarla e spiegarne le caratteristiche a genitori, molti si riconoscono nelle difficoltà indicate.
Accurate metodiche elettroencefalografiche per lo studio del funzionamento e della morfologia cerebrale hanno dimostrato la correlazione tra un’ anomala attivazione delle aree linguistiche cerebrali e la difficoltà ad imparare a leggere correttamente. Il primo campanello d’allarme, infatti, in epoca molto precoce rispetto all’apprendimento scolastico, è rappresentato dal Ritardo del Linguaggio. L’acquisizione tardiva del linguaggio verbale, vale a dire oltre i 2-3anni, è una costante nell’anamnesi del soggetto dislessico. Altro importante aspetto da valutare, già in epoca pre-scolare, è il tratto grafico: se fortemente alterato nel disegno può preannunciare un disturbo della scrittura o del calcolo.
Generalmente i sintomi della dislessia vengono riconosciuti in ambito scolastico al termine della prima elementare: il soggetto che ancora non legge per via lessicale (ovvero il vocabolo per intero) ma continua a segmentare le parole (lettera per lettera) viene inviato agli approfondimenti specialistici. Nella maggior parte dei casi si arriva alla diagnosi in seconda elementare, in modo da consentire al bambino di sperimentare e seguire un normale percorso di apprendimento.
L’inquadramento diagnostico non può prescindere da una previa valutazione del Quoziente Intellettivo personale, in quanto per definizione il dislessico dispone di intelligenza e capacità cognitive assolutamente adeguate: Albert Einstein e John Kennedy erano dislessici. Attraverso prove standardizzate viene valutata la velocità e l’accuratezza della lettura. L’esito degli esami fornirà poi indicazioni in rapporto al tipo di errori ed alla loro gravità. La dislessia, infatti, è un disturbo dimensionale (vale a dire può manifestarsi con un diverso livello di gravità) e non categoriale, spaziando da una capacità di lettura approssimabile al normale ad una talmente rallentata e compromessa da impedire la comprensione del testo. La valutazione della severità del deficit fornisce indicazioni fondamentali per il percorso terapeutico da seguire.
Qualsiasi sia l’iter riabilitativo seguito, risulta comunque fondamentale il pieno sostegno della famiglia e dell’equipe scolastica di riferimento.
La consapevolezza del fatto che le difficoltà del bambino ad accedere alla conoscenza siano attribuibili unicamente allo strumento “lettura” e non alla sua volontà, sarà il primo ed indispensabile tassello per bypassare il deficit. Il percorso riabilitativo e l’uso di strumenti compensativi, spesso di natura tecnologica, saranno validi aiuti non solo per il completamento degli studi scelti, fino ai titoli più elevati del sistema formativo, ma anche e soprattutto per la vita.

 

di Mariarosaria D’Esposito

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