Il “periodo critico”e il caso Victor

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L’acquisizione del linguaggio verbale nel bambino è un processo straordinario che si verifica in tempi particolarmente veloci e con estrema naturalezza. Ha inizio nei primi tre anni di vita e poi successivamente si amplia e si sviluppa in tutte le possibili espressioni della lingua (verbale e scritta).

[alert_box style=”message” close=”no”]Nasciamo equipaggiati da una predisposizione genetica alla verbalizzazione ed alla socialità.[/alert_box]

Tuttavia, è solo grazie all’esposizione ad una lingua nel cosiddetto periodo critico (che va dalla nascita all’inizio della fase puberale, quindi circa 10 anni) ed agli stimoli provenienti dall’ambiente circostante, che riusciamo finalmente a padroneggiare questo raffinato strumento comunicativo proprio dell’essere umano.
Era il 1797 quando per la prima volta nei boschi francesi dell’Avejron fu avvistato il “ragazzo selvaggio”. Aveva circa 10 anni, era completamente nudo, si muoveva tra i cespugli e si arrampicava sugli alberi come un animale selvaggio. In breve tempo si diffuse la notizia e la curiosità dei contadini del posto per questa strana figura; anche gli scienziati ed i medici dell’epoca non rimasero indifferenti e ritennero necessario studiare il caso e quindi doveroso catturarlo.
Imprigionato una prima volta in quell’anno, il giovane selvaggio riuscì a scappare e ritornare libero nei suoi boschi. Dopo questo primo fallimentare tentativo di cattura, l’anno successivo tre cacciatori lo avvistarono e lo rinchiusero in una capanna in un villaggio vicino.
Anche questa volta il ragazzino riuscì ad evadere dai suoi carcerieri. Finalmente nel gennaio del 1800 il selvaggio fu preso, quasi senza che opponesse resistenza.

[alert_box style=”message” close=”no”]Le autorità, i politici e i luminari avevano gli occhi puntati sul caso: tutti nutrivano grandi aspettative e interesse per lo studio di quest’eccezionale ed unico caso di uomo che aveva vissuto ad uno stato completamente selvaggio e naturale. Lo condussero a Parigi in un istituto per sordomuti e lo chiamarono Victor. [/alert_box]

Dopo le prime indagini, vennero subito comunicati gli esiti: era alto 1,36 cm, amava il fuoco, era sempre pronto ad attaccare, fuggire o graffiare chi lo avvicinava, non riconosceva la sua immagine allo specchio ed era completamente incapace ad articolare anche una singola parola.
Ma gli esami per Victor non erano ancora finiti: due medici dell’epoca decisero di approfondire ulteriormente il caso. Il primo, Pinel, uno scienziato molto noto e stimato al’epoca, diagnosticò una condizione di totale idiozia e dichiarò che non vi era alcuna possibilità di recupero. Il secondo, Itard, un giovane e sconosciuto specializzando, dopo aver studiato Victor per giorni, ne descrisse le condizioni ed attribuì la chiusura relazionale e la paura dell’altro solo all’isolamento sociale ed alla mancanza di stimoli, che il ragazzo aveva subito sin dalla nascita. Forte di un sussidio chiesto ed ottenuto dal Ministero degli Interni, Itard iniziò un percorso di rieducazione che durò altre 5 anni.
[alert_box style=”message” close=”no”]Nonostante la prolungata full immersion in terapia, i tentativi di rieducazione verbale e sociale e gli stimoli pressanti e continui inviati al giovane Victor, i risultati non furono quelli sperati.[/alert_box]

Il ragazzo riuscì a pronunciare un’unica parola “acqua” e raggiunse solo dei minimi obiettivi di autonomia personale. Non mostrava interesse né attaccamento per nessuno, neppure per chi l’accudiva. Itard giunse purtroppo alla stessa triste conclusione del suo collega: in Victor non vi erano possibilità di recupero; forse era sordomuto, probabilmente abbandonato alla nascita dai genitori per il suo deficit.
L’incredibile ed affascinante storia di Victor, che ispirò Truffaut nel film “Il ragazzo selvaggio”, non fu unica. I piccoli Mowgli del “Libro della giungla”, ritrovati, riabilitati e studiati nel corso degli anni sono tantissimi. Allevati da lupe, da orse, da animali feroci o sopravvissuti per auto-sostentamento, solo pochissimi di loro, quelli ritrovati in tenera età, riuscirono ad evolversi ed apprendere il linguaggio verbale.

 

di Mariarosaria D’Esposito

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