Disturbo oppositivo provocatorio

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A. ogni volta che gli si pone una domanda risponde in modo aggressivo, si rifiuta di svolgere le consegne, fa capricci, ha sempre un atteggiamento di sfida…. Quando si discute con i genitori dei comportamenti problematici del bambino, questi lo giustificano e ridono quasi soddisfatti di come il figlio tenga testa all’adulto….

Il Disturbo Oppositivo Provocatorio (DOP) è un disturbo del comportamento, riguarda il modo in cui il bambino agisce, il suo modo di relazionarsi con gli altri. ll bambino con il DOP ha difficoltà ad interagire con gli altri, in particolar modo con gli adulti, ma anche con i coetanei.

La sua tendenza è quella di sfidare i genitori o gli altri adulti che se ne occupano, spesso istigando e cercando il modo di generare irritazione.
Non ama seguire le regole e rispettare le richieste che gli vengono fatte opponendosi verbalmente e con le azioni. Si innervosisce facilmente, è permaloso e si arrabbia di frequente anche per futili motivi, per arrivare spesso a litigare. Di fronte al rifiuto e al non accoglimento delle sue richieste, si mostra irritato e capriccioso, sbatte i piedi e piange, si rifiuta di accettare la decisione dell’adulto.
Il bambino con DOP è spesso rancoroso e cerca di vendicarsi dei torti che crede di aver subito poiché ha spesso un atteggiamento vittimistico e pessimistico e la tendenza ad incolpare gli altri per i suoi errori e comportamenti sbagliati. Per fare una diagnosi di disturbo oppositivo-provocatorio è necessario che il modo di comportarsi che abbiamo descritto sia presente negli ultimi sei mesi con una frequenza superiore a quanto ci si aspetti da un bambino della stessa età e grado di sviluppo e che tali comportamenti creino disagi e difficoltà in ambito familiare, scolastico o sociale.
Il disturbo oppositivo provocatorio è riscontrabile in circa il 5-10% dei bambini in età compresa tra i 6 e i 12 anni e con maggior frequenza nei maschi che nelle femmine. È il risultato di una combinazione tra fattori individuali (temperamento, fattori biologici, distorsioni ed errori cognitivi) e fattori contestuali (stile educativo, caratteristiche familiari).

Fattori individuali

A livello temperamentale è possibile che si verifichi un’ inadeguata interazione tra il temperamento del bambino e il temperamento del genitore. Per esempio, l’eccessiva rigidità del genitore rispetto alle regole e alla disciplina, al “modo in cui si fanno le cose”, potrebbe cozzare con l’eventuale curiosità e la voglia del bambino di sperimentare e di esplorare, con la sua necessità di trovare sempre nuovi stimoli.
A livello biologico, sembrerebbe che i bambini con disturbo oppositivo provocatorio abbiano un deficit nel sistema che controlla l’inibizione dei comportamenti aggressivi a causa anche di un basso livello di serotonina (un neurotrasmettitore implicato nella regolazione dell’umore) e di cortisolo (definito come l’ormone dello stress).
Da un punto di vista cognitivo giocano un ruolo anche le cosiddette distorsioni cognitive, cioè i pensieri che facciamo rispetto a ciò che ci accade e quindi il modo in cui interpretiamo le situazioni. In particolare sia i bambini con disturbo oppositivo-provocatorio che i loro genitori tendono ad avere un locus of control esterno, attribuiscono cioè i comportamenti problematici a cause e motivi non dipendenti da sè stessi. I genitori considerano questi comportamenti come tratti intenzionali, stabili e volutamente non controllati; i bambini hanno difficoltà nel valutare in maniera corretta le situazioni, nello scegliere una soluzione adeguata per risolvere i conflitti, e quindi valutare l’efficacia della propria strategia.

Fattori contestuali

Il sistema educativo si alterna spesso tra disciplina inconsistente e incoerente ed eccessiva rigidità e coercizione. Il punto centrale è che, dando attenzione ai comportamenti problematici, si stimola e si aumenta la probabilità che vengano ripetuti mentre i comportamenti positivi, essendo trascurati, tendono a verificarsi con minor frequenza.
Questo circolo vizioso negativo rimanda al bambino un’immagine negativa di sé e delle proprie scarse capacità, spingendolo a non cercare di migliorare.
Anche nella scuola i bambini con DOP accumulano esperienze negative. I continui rimproveri degli insegnanti e le reazioni dei compagni, i quali tenderanno ad isolarli, contribuiscono ad acuire problemi nell’apprendimento e nelle relazioni. Il bambino che sperimenta l’altro come ostile e giudicante, si creerà la convinzione che gli altri sono pericolosi e che quindi bisogna difendersi.
Dal canto loro i genitori avranno una percezione distorta delle proprie capacità genitoriali, innalzeranno il loro livello di stress e di frustrazione che li porterà ad abbassare sempre di più il limite di tolleranza.
Nel contesto familiare anche la gestione delle dinamiche in maniera aggressiva (per esempio i litigi tra i genitori, le botte, alzare la voce) spesso modella i comportamenti dei bambini che riflettono e ripropongono gli stessi atteggiamenti dei genitori (Modeling).
I bambini che vivono in contesti socio-culturali svantaggiati hanno infatti una maggiore probabilità di sviluppare un disturbo del comportamento. La terapia può variare: l’approccio cognitivo-comportamentale si focalizza su come il bambino con DOP si relaziona alle situazioni che percepisce come frustranti e pericolose, quindi sui pensieri e sulle emozioni, in particolare la rabbia, che ne derivano e punta ad insegnargli delle tecniche per imparare a gestirle. Il lavoro terapeutico con il bambino si svolge attraverso varie fasi:
Fase psico-educativa: il bambino imparerà a riconoscere i meccanismi che gli scatenano la rabbia e la relazione che c’è tra situazioni/emozioni/comportamenti.
Acquisizione delle abilità: il bambino imparerà delle strategie, sia cognitive che comportamentali, che userà per gestire le situazioni che gli generano rabbia. Imparerà a parlare a se stesso (Auto-dialogo) in maniera positiva; ad esprimere in maniera corretta le proprie emozioni e le proprie richieste (training per l’assertività); a trovare delle soluzioni più funzionali per risolvere le situazioni problematiche (problem-solving). In pratica avrà la consapevolezza che può gestire i suoi comportamenti perchè dipendono da lui.
Compiti a casa: le abilità apprese in seduta, saranno poi messe in pratica anche a casa perchè diventino, col tempo e con l’esercizio, delle consuetudini.
Anche per i genitori è prevista una fase psico-educativa, in cui potranno capire bene il disturbo e il meccanismo sul quale esso si mantiene.
Con l’aiuto del terapeuta, impareranno a:

  • focalizzare la loro attenzione sui comportamenti positivi dei bambini, in modo da incentivare la frequenza con cui si presentano e limitare il verificarsi di comportamenti indesiderati (ad esempio attraverso il rinforzo positivo, la token economy, il costo della risposta);
  • a riconoscere ed interrompere i circoli viziosi che portano alla cronicizzazione del problema;
  • ad avere una visione più realistica e dei pensieri più funzionali rispetto a se stessi e alle proprie capacità genitoriali.
  • Il terapeuta fornirà infine degli tecniche comportamentali che aiuteranno i genitori a creare un ambiente familiare affettivamente stabile e coerente.

 

di Daniela Caiafa

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