Perché i medici sbagliano

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“Errare è umano” e “La Medicina non è una scienza esatta”, ammonisce la saggezza popolare. Gli errori sono in una certa misura connaturati ad ogni attività umana, e, ancor di più in una materia complessa come la Medicina, l’errore rappresenta un rischio costante. Per “errore” in campo sanitario si intende un fallimento, non attribuibile al caso e quindi evitabile, nella pianificazione e/o nell’esecuzione di una sequenza di azioni, che determina il mancato raggiungimento dell’obiettivo desiderato. Conseguenza degli errori sanitari è “rischio clinico”, cioè la probabilità che un paziente sia vittima di un evento avverso (danno o disagio) imputabile alle cure sanitarie prestategli. L’errore sanitario non è mai “colpa” del singolo individuo, ma richiede un’analisi attenta del sistema che l’ha prodotto. Se ci si limita a identificare solo la responsabilità individuale di chi ha commesso l’errore, non si indagano le cause di tale azione, che solitamente hanno un’origine a monte. Per esempio, la somministrazione di un farmaco sbagliato non è solo l’errore di chi la esegue, ma, ripercorrendo tutte le fasi del processo di lavoro, potrebbero esserci stati insufficiente addestramento del personale, errore di prescrizione o di trascrizione della terapia, modalità sbagliata di conservazione dei farmaci che rende possibile lo scambio di prodotti, errori di comunicazione e comprensione a più livelli, ecc. L’attenzione dunque va spostata dall’individuo che ha materialmente commesso l’errore alla catena di eventi che lo hanno determinato, per cui l’analisi dell’errore diventa analisi delle cause di errore e analisi dei processi che possono consentirlo. In altre parole, non è importante individuare “chi” ha sbagliato, ma valutare “come, quando, dove e perché” i meccanismi di difesa hanno fallito. Un’eccessiva “cultura della colpa medica” ha incoraggiato nei professionisti della salute, per il timore di contenziosi medico-legali legati all’errore sanitario, un atteggiamento difensivo caratterizzato dall’abuso di procedure inutili e dall’elusione di quelle efficaci, ma gravate da rischi, il che poi finisce per essere controproducente ovviamente per gli stessi pazienti, che si sentono falsamente tutelati, ma in realtà sono danneggiati, dall’esecuzione di esami e terapie inutili. Gli errori rappresentano, come in ogni campo della vita, se adeguatamente analizzati, preziose opportunità di apprendimento e di miglioramento.
Per quanto riguarda la mia esperienza specifica, il campo pediatrico, il rischio di errori è ancora più grave per la particolare vulnerabilità dei bambini, che gli Autori anglosassoni hanno espresso in quattro D:

  1. Development (delicata fase dello sviluppo);
  2. Dependence (dipendenza da un adulto per la gestione della terapia)
  3. Different disease (differente tipologia delle patologie);
  4. Demographic characteristics (fasce di età eterogenee, dal neonato all’adolescente).

Le situazioni che comportano rischi per i bambini ammalati possono essere individuate a vari livelli:
Struttura:

  • letti inadeguati, es. senza protezione;
  • sporgenze strutturali (es. termosifoni);
  • finestre non protette, vetri rotti, uscite pericolose;
  • apparecchiature instabili (es. piantane, televisori);
  • apparecchiature pericolose (es. forno a microonde);
  • suppellettili (es. statue religiose);
  • accesso in zone a rischio (es. sala medica);
  • armadi con farmaci facilmente raggiungibili;
  • pavimenti bagnati.

Organizzazione (processi):

  • errore di scelta terapeutica (prescrizione);
  • errore di trascrizione/interpretazione;
  • errori di preparazione;
  • errori di somministrazione: es. sbaglio di via di somministrazione, scambio paziente, confusione del farmaco, assunzione accidentale di farmaci (terapia incustodita).

Tra gli eventi sfavorevoli più frequenti in ambito pediatrico vi sono gli errori di terapia farmacologica (93% dei casi). I risultati di un recentissimo studio realizzato in ospedali pediatrici australiani ha trovato che su un totale di 2753 errori di terapia nell’arco di quattro anni, i più comuni riguardavano l’overdose (21%) e la mancata somministrazione (12,4%) di terapia. La causa più frequente era riconducibile a una cattiva comunicazione. Uno dei più temibili errori di dosaggio in cui si può incorrere e che può risultare fatale è il cosiddetto “ten-fold error”, ossia la somministrazione di una dose di farmaco 10 volte superiore a quella prescritta. Il ”ten-fold error”è dovuto a una svista sul punto decimale (es. 1.0 mg di farmaco interpretato 10 mg o un dosaggio di 0.3 mg somministrato a 3 mg).
La prescrizione medica computerizzata eviterebbe il problema della leggibilità.
Per proteggere il sistema sanitario dagli errori, si è studiato il “risk assessment” (“stima del rischio”): insieme di metodi e strumenti per l’analisi dell’errore e la gestione del rischio clinico.
Il risk assessment si articola in 4 fasi:

1. Risk identification:

  • definire lo scopo dell’indagine,
  • individuare il team per svolgere l’indagine,
  • identifcare i rischi;

2. Risk analysis:

  • catalogare i rischi,
  • quantificare i rischi (probabilità, frequenza, gravità, impatto);

3. Improvement definition:

  • definire la soglia di accettabilità dei rischi,
  • definire le azioni correttive;

4. Risk review:

  • monitoraggio delle misure messe in atto per la prevenzione dell’errore,
  • implementazione e sostegno attivo delle soluzioni proposte.

La finalità del metodo è individuare nel sistema le insufficienze che possono contribuire allo scatenarsi di un evento avverso e di implementare le barriere protettive che possano prevenire e ridurre l’accadimento di problemi.
Per minimizzare i rischi di errori nei reparti ospedalieri è utile la “segnalazione” di ogni problema o difficoltà (anche se non ha avuto conseguenze) e il “briefing” o riunione tra colleghi, un breve confronto colloquiale sui pazienti presenti nell’unità operativa, che può essere realizzato all’inizio del turno di lavoro riunendo per pochi minuti tutti gli operatori al fine di raccogliere dati, problematiche ed eventuali osservazioni. La revisione delle cartelle cliniche è la pietra miliare negli studi sugli errori in sanità. Da studi condotti su larga scala negli USA, risulta che ben il 4% delle cartelle di Pronto Soccorso contiene errori di somministrazione dei farmaci.
Ad alto rischio di errore sono i soggetti visitati alle prime ore del mattino (tra le 4 e le 8) o nel fine settimana. La cultura della sicurezza e il risk-management aggiungono valore alla prestazione sanitaria. La promozione della cultura della sicurezza deve prevedere una strategia sistematica di comunicazione e formazione che richiede una preliminare indagine per conoscere le condizioni di partenza e quindi agire sugli specifici aspetti di miglioramento. Una solida safety culture si realizza traducendo individualismo in lavoro di gruppo, timore e atteggiamento difensivo in apertura e supporto reciproco, trasparenza e approccio globale. E’ importante che tra gli operatori della salute ci sia coesione e solidarietà e non concorrenza sterile e sospetto. Ben venga secondo me il recentissimo pronunciamento della Cassazione (sentenza 16381/14 del 17 luglio 2014) per cui è legittimo il licenziamento de dirigente medico che parla male dei colleghi con i pazienti.
Ma soprattutto il rapporto medico-paziente deve essere recuperato su base di fiducia e affetto, basi imprescindibili di quella “alleanza terapeutica” che è la premessa della buona cura ed esito delle malattie.

 

di Carlo Alfaro

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