Adolescenza e nuove dipendenze: come riconoscere i primi segnali di disagio

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La psicologa Luisa Buonocore ci parla delle nuove dipendenze comportamentali diffuse tra gli adolescenti.

L’adolescenza è una fase dello sviluppo dell’individuo caratterizzata da profonde trasformazioni fisiche e psicologiche, come indica l’etimologia stessa della parola: adolescere significa in latino “crescere”. Questo stadio dello sviluppo presenta caratteristiche complesse e articolate: è un periodo caratterizzato da cambiamenti radicali per quanto riguarda il corpo, la mente, i comportamenti; tali trasformazioni sono estremamente importanti perché riguardano la maturazione biologica, lo sviluppo cognitivo, i rapporti con gli altri e i valori sociali.
Diventare grandi è un compito difficile: crescere e maturare avviene anche attraverso momenti di difficoltà, di crisi e di disagio. Le manifestazioni di disagio sono diverse e variabili. Uno dei comportamenti a rischio messi in atto dall’adolescente e che più preoccupa le figure genitoriali è l’uso di sostanze stupefacenti. Attualmente, però, accanto alle tradizionali forme di dipendenza (droghe e alcool) è sempre più vivo l’interesse per un altro gruppo di dipendenze, legate ad oggetti o comportamenti presenti nella vita quotidiana di tutti e che non hanno a che vedere con l’uso di sostanze: le new addiction.
Il termine “new addiction” o “dipendenze comportamentali” fa riferimento a una vasta gamma di comportamenti patologici tra i cui: la dipendenza dalle nuove tecnologie, il gioco d’azzardo patologico, lo shopping compulsivo e le dipendenze affettive. Si fa riferimento, quindi, a diversi comportamenti disfunzionali messi in atto in modo sempre più frequente dagli adolescenti.
In particolare tra le giovani generazioni, molto diffuse sono le dipendenze tecnologiche caratterizzate da un uso compulsivo di dispositivi tecnologici (computer, internet, videogames, cellulare). In questo tipo di dipendenze, il mondo virtuale diventa un vero e proprio rifugio della mente (Steiner, 1993) con la funzione di creare una realtà interiore più favorevole di quella reale. L’utilizzo indiscriminato e compulsivo del mezzo tecnologico, nonostante si accompagni a uno stato di sollievo momentaneo, diventa a lungo termine una modalità d’isolamento, di compromissione delle relazioni sociali e di perdita di contatto con la realtà.
Questi comportamenti sembrano, quindi, essere l’espressione di un disagio psichico profondo e richiamano la nostra attenzione sulla necessità di ascoltare e decodificare una domanda d’aiuto che si esprime spesso in modo paradossale. È fondamentale, dunque, riconoscere i principali segnali di rischio per determinare quando questi comportamenti diventano condotte disfunzionali, addittive o compulsive. Vediamone alcuni:

•   Ritiro e disagio all’interno delle relazioni sociali
•    Calo della prestazione scolastica
•    Richieste inspiegabili di denaro
•    Perdita d’interesse nelle attività prima svolte (sport e hobby)
•    Alterazione del ciclo sonno-veglia
•    Sensazione di non riconoscere più il proprio figlio.

I genitori che notano questi segnali possono rivolgersi a figure specialistiche quali Psichiatri, Psicologi e Psicoterapeuti esperti nel campo delle dipendenze che possono aiutare il loro figlio attraverso un trattamento specifico individuale o di gruppo. Molto importante è la disponibilità del genitore a essere coinvolto nel percorso terapeutico al fine di favorire nuove modalità di comunicazione e supportare l’evoluzione sana del proprio figlio.

Riferimenti bibliografici:

Caretti V., La Barbera D. (2005). Le dipendenze patologiche. Clinica e psicopatologia, Milano : Raffaello Cortina Editore.
Steiner J. (1993). I rifugi della mente, trad. it. Torino: Bollati Boringhieri, 1996.

 

di Luisa Buonocore

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