La comunicazione nelle diverse fasi della coppia.
Cosa c’è di più fluido e naturale per l’essere umano della parola? Questo dono, di cui l’uomo è l’unico depositario, fiorisce con facilità sulla bocca di tutti, senza sforzo. Eppure oggi siamo riusciti a diventarne vittime. Ci sfugge, non la controlliamo, ferisce, fino a farci stare male con gli amici, nell’ambito lavorativo, coi genitori, coi figli, e soprattutto in coppia. La maggior parte delle relazioni infatti, finisce proprio per l’incapacità di comunicare col partner. I più stoici resistono tra incomprensioni e silenzi, per mollare la spugna dopo dieci o quindici anni, portando spesso in eredità, insieme all’amarezza accumulata, una malattia psicosomatica, traduzione corporea di una comunicazione di coppia difficile. Le recriminazioni più frequenti? Gli uomini delle compagne non sopportano il tono polemico e i continui rimproveri, le donne invece non riescono più a sopportare i musi e i silenzi, i confronti antipatici e la maleducazione verbale. E’ una realtà che conosciamo tutti bene: la vediamo ogni giorno rappresentata in gag comiche o drammi familiari; la ritroviamo nella vita del vicino; la viviamo tra le pareti di casa, verificando sulla nostra pelle le dannose conseguenze del comunicare male.
Uomini e donne non parlano la stessa lingua.
Lui dice: ‘Sei elegante stasera’, lei capisce: ‘Finalmente per una volta sei presentabile’. Lei dice: ‘Secondo me dovresti provare a fare così’, lui capisce: ‘Sei un cretino! Da solo non sai fare proprio niente!’.
Perché per un uomo e una donna è così difficile comunicare? La ragione fondamentale è che non parlano la stessa lingua. Il linguaggio di lui è essenzialmente concreto, quello di lei tendenzialmente emotivo: è questa sostanziale differenza di approccio a generare le resistenze, gli equivoci, i malintesi, le incomprensioni che rendono ardua la comprensione reciproca.
Gli uomini amano i gesti, esprimono i sentimenti con le azioni, usano le parole come strumento di informazione; le donne invece amano le parole e se ne servono per stabilire relazioni, alludere, interpretare, sottintendere. Altra grande differenza: gli uomini nella maggioranza tendono a risolvere i problemi da sé, per parlarne poi, a cose fatte. Le donne, al contrario, di fronte alla difficoltà cedono al bisogno di parlarne subito con qualcuno, quasi fosse il primo atto risolutivo del problema. Il risultato? Lei lamenta: ‘Perché non me lo hai detto?’, mentre lui mugugna: ’Cosa te lo dicevo a fare?’. Comprendere questo ci aiuta a riconoscere che quella che noi percepiamo come carenza nel partner, non dipende da una mancanza d’amore, ma piuttosto da una diversità di stile comunicazionale. Ciò non ci autorizza però a partire prevenuti. Diffidiamo dei luoghi comuni che etichettano l’uomo come razionale, freddo e distaccato, e la donna ipersensibile, emotiva, manipolatrice. Ciascuno di noi, nella sua unicità, può imparare a sfrondare il suo modo di comunicare da condizionamenti culturali, luoghi comuni, stereotipi e ritrovare così uno stile comunicativo autentico. Infatti, più la comunicazione è autentica, più è efficace, non solo ai fini della comprensione tra noi e l’interlocutore, ma anche per la salvaguardia del nostro benessere. Le parole infatti, come fili invisibili, creano vere e proprie trame energetiche che compongono il tessuto della coppia: tessuto che può essere compatto, leggero, pesante, sfilacciato, a seconda delle parole che usiamo. Quante volte, durante un battibecco sterile col partner, ci capita di osservarci e di chiederci: ma come siamo arrivati a questo punto? Dove abbiamo sbagliato? A questo proposito ci può essere d’aiuto vedere l’evoluzione che ha la comunicazione all’interno di una relazione amorosa: come cambiano ‘le parole per dirlo’ nella coppia nascente, nella coppia strutturata, nella coppia in crisi. Infine, come tradurre ciò che vogliamo esprimere nel modo più consono, così da sciogliere eventuali tensioni, in vista di un benessere reciproco.
La comunicazione nella coppia nascente.
In questa fase si evitano i riferimenti alla vita quotidiana: le beghe in ufficio, le baruffe in famiglia, i soldi che non bastano mai.. Immersi nella forza dell’eros nascente, usciamo dalla nostra storia personale, come da un vestito fuori moda e, anche nel linguaggio, diventiamo originali. Nell’innamoramento, ogni parola riacquista forza creativa: non si sottovaluta mai una frase del partner, non si dice mai una cosa tanto per dire.
Le parole sono sussurrate, il tono di voce è caldo e sfumato, il ritmo lento, intervallato da sospiri, risate, pause. Le telefonate sono frequenti, non per dirsi realmente qualcosa, ma per stare con l’altro. E’ la voce, più che la parola, la protagonista. Non conta tanto raccontarsi, quanto sentirsi
La comunicazione nella coppia strutturata.
Nella coppia strutturata, il dialogo ha un ruolo primario. Mentre l’eros si stabilizza su valori standard, la parola diventa il veicolo fondamentale della comunicazione. Nella stragrande maggioranza delle coppie si ritiene che il benessere di una relazione sia direttamente proporzionale alla presenza di un buon dialogo tra i partner. Se c’è un problema, il primo passo per affrontarlo è discuterne con lui o con lei: ‘Vorrei parlarti di una cosa’. Allo stesso modo, le emozioni bloccate (rabbia, tristezza, paura…), trovano una via di sfogo nelle parole: ‘Cosa c’è che non va? Su, prova a parlarne..’. Nella coppia strutturata che condivide la quotidianità, ha responsabilità comuni, vive nella stessa casa, la comunicazione è in primo luogo funzionale allo scambio di informazioni di servizio: ‘A che ora torni stasera? Passi tu a ritirare i panni in lavanderia? I bambini in palestra li accompagno io’.
Ci si parla per organizzare, pianificare, decidere. E’ quindi una comunicazione che tende ad essere essenziale e sintetica. Ma attenzione. Forti della conoscenza che riteniamo di avere del partner, il rischio è quello di dare per scontato ciò che dice e quindi facciamo finta di ascoltarlo. E in momenti di tensione, quando abbiamo un grande bisogno dell’attenzione dell’altro, percepirne l’indifferenza è quanto di peggio ci sia. Per evitare l’automatismo del ‘finto ascolto’, concediamoci qualche secondo di silenzio prima di parlare o rispondere.
La comunicazione nella coppia in crisi
Uno degli scenari comunicativi più frequenti in una coppia in crisi è il silenzio. Lo scambio verbale è limitato alle parole che servono, tipo: ‘Passami il sale’, o ‘Prendo io la tua macchina, perché la mia è dal meccanico’, intercalate da lunghi, pesanti silenzi, che condensano il malessere che serpeggia, più o meno incancrenito dall’accumulo di tensioni e problemi irrisolti. Il ‘non dire’ diventa sinonimo di estraneità, non condivisione, non volontà a fare l’altro partecipe del proprio disagio. Se è soprattutto uno dei due partner a non parlare, il silenzio di uno viene percepito dall’altro come tacita accusa: ‘Con te è inutile parlare’. Oppure quando i mutismi si perpetuano fino a diventare la regola, col silenzio esprimiamo la staticità di una situazione che si è arenata su un binario morto: ‘A che serve parlare? Tanto non cambia niente!’ E ancora, il silenzio continuo può essere la manifestazione più evidente dell’assenteismo dal rapporto: ‘Decidi tu, io non ci metto parola’, atteggiamento che si associa all’indifferenza e all’apatia, rispetto a una crisi che si sa insanabile.
Altro scenario classico della coppia in crisi, diametralmente opposto, è il litigio perpetuo. Qualsiasi occasione diventa un pretesto per scatenare battibecchi, risse, polemiche infinite, mai costruttive e mai finalizzate alla soluzione dei problemi. Non importa tanto ciò che si dice, quel che conta è sfogare la propria aggressività con parole grosse, accuse, rinfacci. E’ interessante notare che il litigio infinito viene ritenuto meno grave del silenzio, un indice di vitalità della coppia. Attenzione però che non diventi l’unico momento vivace in una routine di scontentezza reciproca. In questo caso litighiamo per ‘sentirci vivi’, mentre di fatto l’intesa col partner è finita.