Sesso vs Stress

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Ricordo una pubblicità che diceva “far bene l’amore fa bene all’amore”. In realtà, far bene l’amore fa bene a tutto: all’amore, al corpo, alla salute, alla mente, alla persona e alla coppia…rende più felice, fa dormire meglio e fa vivere più a lungo!
Alcuni di questi benefici derivano dal rilascio di alcuni ormoni (come l’ossitona, conosciuto anche col nome di “ormone dell’amore”, il che la dice lunga sulle sue funzioni) e di altre sostanze (come le endorfine, neurotrasmettitori responsabili del rilassamento) che il nostro organismo produce e rilascia durante l’orgasmo.

Ma, come abbiamo detto tante volte, per arrivare all’orgasmo c’è bisogno che il corpo e la mente siano predisposti a soddisfare tutte le fasi della risposta sessuale precedenti l’orgasmo stesso. Dovremmo quindi essere pronti a provare desiderio verso l’altro, a raggiungere uno stato di eccitazione sufficiente (il che implica erezione nell’uomo e lubrificazione nella donna), a vivere in modo gratificante e coinvolgente i preliminari per poi arrivare al plateau ed infine all’orgasmo.
Quante volte ci capita di rinunciare a tutti i benefici che il fare l’amore comporta, perché la routine, lo stress, il quotidiano e pensieri di ogni tipo ci impongono di dire “non ora…ho mal di testa”. Questo è vero per le donne quanto per gli uomini, a pensarci bene, forse, è una delle poche cose che ci accomuna davvero… per fare sesso (e bene) non vogliamo pensieri.
Il punto è che la vita ci porta ad avere preoccupazioni in molti ambiti del nostro vivere quotidiano e questo spesso va ad inficiare anche i contesti in cui potremmo trovare giovamento e godimento. Molti disturbi e disfunzioni sessuali hanno una forte componente psicologica, e spesso questa risulta essere addirittura l’unica causa.

Questo ci ha fatto molto riflettere sull’influenza che la mente ha sulle risposte che il corpo produce. Sebbene questa questione sia nata con la psicologia, ricordiamo che gli studi di Freud si sono incentrati sull’isteria come manifestazione di repressioni femminili, oggi si sa che non è più solo un problema di “somatizzazione”, ma è un’influenza più sottile e diffusa, che agisce in modo più mascherato e che spesso ci danneggia senza che ce ne rendiamo conto.
Per attenuare e controllare i disturbi della sfera sessuale e le problematiche ad essi collegate sia come cause che come effetti di tali disturbi, la psicologia e la psicosessuologia hanno messo a punto alcune tecniche di rilassamento che si sono rivelate essere particolarmente significative ed efficaci. Due tra queste meritano a mio avviso particolare attenzione: una è il training autogeno e l’altra è la mindfulness.

Il training autogeno è stato ideato agli inizi del secolo scorso dal neurologo tedesco Johannes Heinrich Schultz, che sosteneva che lo stato di rilassamento fosse un ottimo strumento per superare problemi di tipo sessuale, psicologico e fisico.
Questa tecnica, conosciuta come tecnica di rilassamento, ha in quest’ultimo il suo punto di partenza, che ci potrà condurre, seguendo il metodo con costanza, a un vero e proprio cambiamento fisiologico, capace di mettere a riposo il sistema neurovegetativo, e psichico con ristrutturazione della personalità. Attraverso le sei tappe fondamentali del training autogeno possiamo ottenere dei benefici concreti come la prevenzione di alcuni disturbi psicosomatici, la riduzione del carico eccessivo di di stress, miglioramento della concentrazione, della memoria e dell’autocontrollo, capacità di superare momenti di stanchezza durante la giornata, riuscire a migliorare le prestazioni fisiche. Tutti questi benefici fisici e psicologici vanno a favorire e migliorare molte delle componenti che entrano in gioco quando ci troviamo a vivere un momento di intimità e sessualità.
Anche con la mindfulness si possono ottenere questi ed altri risultati. Infatti, questo protocollo, ideato da Jon Kabat-Zin nel 1979 presso l’università del Massachusetts per aiutare i malati terminali, strutturato in otto incontri durante i quali si praticano diversi tipi di meditazione, porta a raggiungere gradi di consapevolezza difficilmente raggiungibili attraverso qualsiasi altro metodo.

“Mindfulness” infatti, si traduce col termine consapevolezza, che si raggiunge attraverso tecniche di meditazione “formali” e tecniche di meditazione dette “informali” che entrano e si sperimentano nel quotidiano della nostra vita. Mindfulness è quindi una modalità di prestare attenzione, momento per momento, in modo intenzionale e non giudicante, al fine di risolvere (o prevenire) la sofferenza interiore e raggiungere un’accettazione di sé attraverso una maggiore consapevolezza della propria esperienza che comprende: sensazioni, percezioni, impulsi, emozioni, pensieri, parole, azioni e relazioni.

Migliorare questa modalità di prestare attenzione permette di cogliere, con maggiore prontezza, il sorgere di pensieri negativi che contribuiscono al malessere emotivo. Una gran quantità di pensieri negativi deriva dalla critica che il soggetto fa a se stesso per il fatto di sentirsi ansioso, depresso o a disagio.
Ai pensieri negativi (primari) che alimentano i disagi emotivi, si aggiungono ulteriori pensieri improduttivi (secondari) su di sé. Questo meccanismo di autoaccusa e autobiasimo genera una spirale che dà origine al ruminio depressivo. La persona si pone così in una condizione di nemica di se stessa, anziché di alleata di se stessa.

L’allenamento della consapevolezza permette di affinare l’attenzione verso questi meccanismi che deteriorano l’umore e depotenziano le capacità di ripresa psicologica permettendo maggiori possibilità di esplorazione, espressione e cambiamento di tali contenuti.

 

di Olga Paola Zagaroli

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