La balbuzie del Re

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Vivere l’angoscia di un balbuziente, sentire la sua ansia nell’approccio con l’altro, patire con l’insicurezza che traspira dalle sue parole, risultano potenziati all’ennesima potenza se si tratta di un re!
Lo sceneggiatore britannico-statunitense David Seidler non avrebbe potuto raccontarci, in maniera così commovente ed intima la balbuzie, se non l’avesse vissuta e conosciuta in prima persona e lo fa regalandoci un film indimenticabile, “Il Discorso del Re”. Nasce così nel 2010 “The king’s speech”, diretto da Tom Hooper.
Pellicola di grandissimo successo e vincitore di ben 4 premi Oscar racconta la storia Albert Frederick Arthur George, Duca di York, al trono come Giorgio VI , Re del Regno Unito e degli altri Domini britannici d’oltremare dall’’11 dicembre 1936 fino al 1952, anno della sua morte. Fu un monarca molto amato, guidò il paese in maniera eccellente e trasmise coraggio al suo popolo in un periodo storico di assoluta devastazione e tragicità quale fu la seconda guerra mondiale.
Albert Frederick, chiamato affettuosamente Bernie, era affetto sin da bambino da tenace balbuzie. Trascorse i primi anni della sua infanzia in maniera non certo serena: timido ed inibito, vittima da sempre di un’educazione spartana (fu costretto, ad esempio, ad imparare ad usare la destra per la scrittura, benché fosse mancino), soffriva di una leggera deformazione alle ginocchia e di problemi di natura gastrica. Le cronache dell’epoca, inoltre, lo descrivono come un bambino impaurito, sempre lontano dai genitori, che per impegni demandavano ad altri l’educazione dei figli e martire del fratello maggiore, il Principe Edoardo.
Nel 1920 l’incontro con l’amore della sua vita, Elizabeth Bowes-Lyon: se ne innamorò al punto di prenderla in sposa, nonostante fosse una “nobile di basso rango” . Dal loro matrimonio nacquero due figlie, Elizabeth , detta “Lilibet”, (l’attuale regina d’Inghilterra, Elisabetta II) e Margaret.
La balbuzie di Albert Frederick era stato da sempre motivo di grande imbarazzo e turbamento. In un’epoca in cui la radio costituiva il mezzo di comunicazione privilegiato, la disfluenza dell’ancora principe Albert rappresentava un limite insormontabile. Rimane memorabile nel 1925 la sua difficoltà nel concludere il discorso all’Empire Exhibition di Londra, il grave imbarazzo che suscitò nella folla di presenti e la risoluzione in lui a non esprimersi più in pubblico.
In tutti i comizi, nei discorsi pubblici o nelle comunicazioni radiofoniche ufficiali, questa terribile forma di tartagliamento non lo lasciava, così come accadeva sempre al cospetto del suo severo padre. Solo in ambito familiare, con sua moglie e le sue bambine, il suo eloquio era fluido e privo di arresti.
Fu proprio la sua amata consorte , Elizabeth, a condurre il re allo studio di Lionel Logue, un eccentrico logopedista di origine australiana che, attraverso un elaborato iter terapeutico, passando per le più profonde cause dell’ inadeguatezza del paziente, porta il re alla guarigione.
Una ricca gamma di esercizi respiratori, di rilassamento muscolare e laringeo ed attività di tipo ritmico, viene espletata nell’ambito di un rapporto inizialmente non semplice, ma via via sempre più intenso e confidenziale. Lionel, che usava rivolgersi al re chiamandolo Bertie, proprio per enfatizzare l’uguaglianza che regnava nella stanza di terapia, non solo riesce a ridare la voce al sovrano, ma anche l’autostima e la dignità ad un uomo afflitto dalle tante umiliazioni subite.
Con il suo amico e maestro Logue al suo fianco, Giorgio VI riesce finalmente ad applicare le tecniche apprese ed a tenere senza esitazioni un comizio radiofonico alla nazione, in occasione della dichiarazione di guerra alla Germania nel 1939. Il discorso del Re raggiunse e commosse migliaia di persone.
L’amicizia tra il monarca e Logue continuò per gli anni a venire e venne insignito, per riconoscenza, del titolo di cavaliere dell’Ordine reale vittoriano.
Il film, inno alla parola, al coraggio ed alla tenacia, ci accompagna con Bertie nel suo percorso di guarigione e nel superamento del suo dramma personale.

 

di Mariarosaria D’Esposito

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