Ingoiare il rospo… La paura di esprimere la nostra verità

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Il mondo di idee, concetti, immagini e informazioni che oggi corrono veloci per raggiungere le parti più remote del globo e che possono determinare le sorti del pianeta, in fondo ci rappresentano ma non ci descrivono pienamente. Ebbene si. Perché per definirci sono necessari anche i nostri sentimenti e le emozioni, le credenze e i desideri. Tutti questi fattori costituiscono la nostra verità. E si tratta di una verità imprescindibile che non può essere negata. È molto importante perché attraverso di essa noi ci definiamo e diamo agli altri la chiave per comprendere chi siamo veramente. Pertanto abbiamo sempre il diritto di esprimere la nostra verità, quello che pensiamo e sentiamo, così come abbiamo il diritto di respirare e di essere noi stessi. Questo ovviamente non ci autorizza a prevaricare e offendere, aggredire o calunniare coloro che non la pensano come noi, ma ci consente semplicemente di dire il nostro punto di vista, anche se è diverso da quello di tutti gli altri, anche se non è condiviso o addirittura sgradito.
E farlo senza avere PAURA.

Cosa succede, e purtroppo accade con frequenza, quando ci impediamo di esprimere ciò in cui crediamo in nome di un fantomatico beneficio come l’essere più amati o benvoluti, oppure quando lo facciamo per opportunismo e quieto vivere o per non ledere la sensibilità altrui? Semplicemente cediamo alla paura che, se fossimo noi stessi, non saremmo giudicati ‘adatti’. Questo cedimento non è scevro di conseguenze. Soprattutto nega la nostra essenza, ci fa crollare l’autostima e spesso porta con sé anche problemi di salute fisica, nella forma di disturbi psicosomatici (ansia, depressione, angoscia si trasformano in colite, gastrite, emicrania, astenia etc.)

La nostra cultura ha sostenuto pesantemente la strategia del “non dire”, facendoci credere che una mezza verità o una bugia pietosa siano meglio di una scomoda verità che, guarda caso, è la nostra. È sempre la paura la pessima consigliera, che ci suggerisce prudenza, che ci dissuade dal fare e dal dire…

Che cosa accade se scegliamo di tacere? In ogni caso reagiamo alle persone che ci circondano; ma per infiniti motivi, tuttavia, invece di esprimere la nostra posizione, abbozziamo, glissiamo e… stiamo zitti. Abbiamo perso la partita con la paura.
Quando non esprimiamo ciò che è importante per noi, non soltanto forniamo agli altri un’immagine distorta di ciò che siamo, ad esempio dando loro ad intendere che siamo d’accordo su qualcosa che aborriamo, ma, ed è molto più grave, rinunciamo alla capacità di trasformare i nostri obiettivi in realtà. Non dicendo ciò che vogliamo e ciò che ci rende felici, non mettiamo in moto quel meccanismo energetico che ci fa realizzare la gioia della realizzazione personale. Come logica conseguenza ci impediamo di ricevere dalla vita ciò che desideriamo.

Il timore che le nostre parole ci alienino l’amore

Quali motivazioni ci sembrano tanto valide e ragionevoli da far sì che ci asteniamo dal dire la nostra verità? Molte di queste ragioni ci sembrano accettabili e quasi onorevoli, come il non ferire la sensibilità o la suscettibilità di qualcuno, oppure non mettere in dubbio l’autorità di chi amiamo; altre lo sono meno, ma sono comode perché è più facile ‘far parte del gruppo’ per essere accettati.
Eccolo lì, ancora una volta, il terrore oscuro, quello che ci fa accettare tutti i compromessi, la paura che con le nostre parole, che sono la manifestazione di quello che siamo, possiamo perdere l’amore degli altri. In una situazione equilibrata dovremmo sentirci liberi di esprimere i nostri pensieri in tutta tranquillità e senza avere la pretesa di convincere o prevaricare gli altri, affermando semplicemente il nostro punto di vista, perché è il nostro. Purtroppo a volte questa modalità smette di funzionare e il risultato è che ci “imbavagliamo”.

La paura ci suggerisce che le cose che vorremmo dire non sono “adeguate” al momento o alla situazione; magari ci fa credere che esprimendo il nostro punto di vista, non verremmo più apprezzati da chi ci circonda o, peggio, costoro non ci amerebbero più.
Temiamo di apparire ‘non in linea’ con gli altri e, quindi, diversi, con le indelebili stigmate che ci espellono dal branco. Così tacciamo e, attraverso un ferreo controllo, neghiamo la nostra verità in funzione di un apparente maggior vantaggio. E la nostra anima piange.
Ma non finisce qui. La paura, infatti, che ci ha indotto a snaturarci, porta con sé un grande vissuto di stress che, se irrisolto, determina una frustrazione profonda e si traduce in aggressività e sbotti d’ira.
Questi a loro volta portano a isolamento e solitudine. In questo modo, dopo esserci negati, ci ‘tagliamo fuori’ dalla intimità con le altre persone.

Invece di essere spontaneamente noi stessi, ci mettiamo dietro le sbarre del controllo e della finzione, e finiremo sempre più soli nella torre del silenzio che ci vede prigionieri della paura di esprimerci. Quando poi ci distraiamo e il controllo ci sfugge, perché prima o poi accade, ecco che la pressione che abbiamo cercato di contenere, esplode con tutta la sua forza: a quel punto tutto ciò che diciamo, anche la cosa più vera e più sacra per noi, è tinta di rabbia e quindi viene percepita come pericolosa e negativa da chi ci ascolta. Passeremo inevitabilmente dalla parte del torto, con il risultato di interrompere la comunicazione. Quindi dobbiamo ritrovare l’amore verso noi stessi e pensare che gli altri ci amano proprio per quello che siamo e per quello che diciamo. Perché la natura stessa del sentimento d’amore esclude il giudizio. In caso contrario non è amore. E ognuno di noi trae le proprie conclusioni….

La paura di non avere nulla di interessante da dire

Un’altra motivazione che ci fa tacere su ciò che è importante per noi, ha a che fare con la bassa autostima: ‘Non sono un granchè, ci sono sicuramente persone più colte, intelligenti e capaci di me che esprimono la loro opinione. Io non ho nulla di interessante da dire.’
È ovvio che la paura di esprimere le proprie idee,  non aiuta certo il processo di espressione. Dietro questa paura c’è spesso un dramma antico, collocato nella prima infanzia, ed è quello di non aver percepito l’amore genitoriale incondizionato: ‘Poiché non sono amato vuol dire che non valgo molto e, quindi, è inutile che parli, tanto nessuno mi ascolterà’.
Se uno dei nostri genitori aveva un modo di fare prevalentemente censorio del tipo: ‘Taci tu, non capisci niente!’, è chiaro che, invece di condividere i nostri pensieri e le nostre convinzioni, impariamo a nascondere le cose che ci premono maggiormente, decidendo che non hanno valore, poiché ‘noi non valiamo’. Ci sembra sciocco esprimerle, perché tanto nessuno le ascolterebbe. In questo caso dovremmo prima renderci conto dell’errore macroscopico che stiamo facendo, poiché ognuno di noi è infinitamente capace e interessante nella sua unicità. Una volta ritrovata la fiducia in noi stessi, potremo permetterci di far sentire la nostra voce forte e chiara.

 

di Bianca Pane

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